«Condivido questo spot per illustrare il comportamento a dir poco disdicevole del centro socio educativo del comune di Praia a Mare. Facile farsi belli con le parole come inclusione, ma al momento di dimostrare con i fatti quello che si predica ci mostriamo per quello che realmente siamo... Vergognatevi».

Comincia così lo sfogo di un padre di un bambino affetto da sindrome di Down postato nel gruppo pubblico "Sei di Praia se", che vuole denunciare la presunta esclusione di suo figlio dai progetti sportivi realizzati dal Comune. Secondo la testimonianza «una scuola calcio locale lo rifiuta perché mai prima era capitato di ricevere domanda di iscrizione per un bimbo disabile e non sapendo che comportamento assumere bisogna chiedere alla federazione ma che ad ogni modo - gli avrebbero detto - essendo "com'è deve stare con bimbi come lui"», scrive ancora l'uomo, che avrebbe così reagito: «Doccia freddissima, cervello assolutamente annebbiato ti limiti a rispondere "va bene, grazie"».

La rabbia del padre: «Mio figlio non può essere ghettizzato»

«La sua condizione genetica non è e non può essere un etichetta di ghettizzazione e di impossibilità - scrive il papà del bimbo nel suo lungo racconto social -, che oltre c'è un bimbo speciale, con occhi meravigliosi, un cuore più "grande" del normale, animo profondo e tanta ma tanta voglia di vivere a modo suo, con i suoi tempi e la voglia di farcela dando lezione di come davvero va vissuta la vita! Invece ti ritrovi con un immenso dolore e cerchi altre possibilità, alternative come l'acquisto di una rete da calcio mini da tenere in casa e giocarci insieme, ma poi lui che continua a chiederti "domani andiamo a calcio?" e ti ritrovi nuovamente sprofondata nell'angoscia ed impotenza! Succede poi che si presenta una "possibilità", calcio per bambini al centro socio-educativo comunale e allora pensi che finalmente prevarrà la tanto propagandata inclusività, inclusione, quanti si riempiono la bocca con tale termine, ma i fatti?».

Dalla gioia allo sconforto

«"Socio-educativo", chi meglio di loro - continua - allora chiedi l'iscrizione facendo comunque presente che ha la sindrome di Down e ti rispondono "certo può, invii i documenti". Il cuore ti scoppia di gioia, quasi non credi che finalmente potrai rispondergli "sì, domani andiamo a calcio", ma il sogno dura poco. Dopo circa un ora mi viene detto "mi spiace, abbiamo verificato e non c'è personale idoneo disponibile!".

È questo il momento in cui la gioia si trasforma in angoscia. «"Personale idoneo"? Che vuol dire? Perché gli occorre qualcuno di idoneo per tirare di pallone? Non poteva stare con gli altri bimbi insieme al mister a tirare di pallone come tutti? Sarei rimasto anch'io se temevano di non poterlo badare "a vista". Perché non scoprire quanto poteva essere attento, voglioso di apprendere e rispettoso delle regole di comportamento come del resto fa!». Poi l'uomo conclude: «Quanti pregiudizi dovrà ancora subire, quanti bocconi amari dovrò ingoiare e quanta lotta ancora dovrò affrontare affinché si accorgano quanto si stanno sbagliando e quanto si stanno perdendo! Io non mollo!». Dal Comune di Praia a Mare, al momento, non si registra nessuna risposta ufficiale e pertanto si attendono gli sviluppi della vicenda.

La bufera social

In men che non si dica il post ha fatto il giro del web e le reazioni sono state molteplici. Il primo a mostrare indignazione per l'accaduto, su cui deve essere fatta ancora luce, è un'altra società sportiva locale, estranea ai fatti contestati: «La scuola calcio Digiesse di Praia a Mare è solidale con lo spiacevole episodio accaduto al piccolo e comunica che per la stagione 2021/2022 se vorrà, tutta la società, tutto lo staff tecnico e tutti i bambini lo aspettano a braccia aperte. La scuola calcio Digiesse da sempre accoglie tutti i bambini ed i ragazzi, operando brillantemente prima nel sociale e dopo nello sport. Attraverso lo sport, appunto, la scuola calcio Digiesse insegna valori come l’amicizia, il rispetto, la lealtà e l’aggregazione socio-culturale di ogni tipo. La scuola calcio Digiesse non riconosce nel suo modus operandi e nella sua forma mentis discriminazioni di qualsiasi genere».

Unione delle associazioni a gamba tesa

È poi la volta delle associazioni. «La non accettazione di un bambino disabile presso una scuola calcio di Praia a Mare - si legge in un comunicato stampa - non può che rattristarci». Lo ha dichiarato in una nota il segretario dell'Unione delle Associazioni della Riviera dei Cedri e del Pollino, cui appartenente l'Associazione che gestisce la casa famiglia, Andrea Incerto Leone.

«Questo coordinamento non intende limitarsi a manifestare solidarietà e condannare l'accaduto, ma vuole stimolare nell'opinione pubblica una seria riflessione». Poi continua: «É anzitutto emblematico il fatto che, nonostante nel nostro comprensorio non siano pochi i bambini affetti da gravi patologie, la società calcistica si sia trovata per la prima volta dinanzi una richiesta del genere. Viene dunque da chiedersi, a che punto siamo realmente? Possiamo anche procedere all'abbattimento di tutte le barriere architettoniche strutturali, ma ciò rischia di essere vano se non abbattiamo anche le barriere architettoniche mentali!». Ed in ultimo: «Sia chiaro che il nostro intervento non vuole essere un attacco né tantomeno generare inutili polemiche. Vorremmo solo aprire gli occhi sulla strada da percorrere. A parere delle associazioni quanto accaduto infatti è anche un'opportunità persa, poteva essere l'occasione per avviare un nuovo progetto di inclusione sociale. Dal canto nostro, auspichiamo un intervento concreto dei soggetti coinvolti - o potenzialmente tali- attraverso cui porre rimedio a questa incresciosa vicenda e permettere anche a Lorenzo ed ai bambini diversamente abili di praticare lo sport, da sempre un'occasione di inclusione ed aggregazione».