Quel 22 settembre le fiamme erano altissime. Angelo, trentanove anni, affetto dalla nascita da distrofia muscolare di Duchenne, era al primo piano di uno stabile, in via Gallizzi, circondato ormai da un rogo infernale. Due volanti della Polizia di Stato, allertate prontamente dalla sala operativa della Questura, giunsero appena in tempo. Quel pomeriggio, il Vibonese finì nella morsa dei piromani, la cui mano criminale fu alimentata da un violento vento di scirocco. Angelo, incapace di deambulare, paralizzato negli arti superiori ed inferiori, attaccato h24 ad un ventilatore tramite tracheostoma, era accudito dai genitori e da una zia anziana.

L’arrivo degli agenti fu provvidenziale. Salvarono lui, salvarono la sua famiglia. In attesa che giungessero i vigili del fuoco, le cui linee quel giorno, erano intasatissime, i poliziotti, con mezzi di fortuna, tentarono vanamente di arginare il propagarsi delle fiamme. Precipitata ormai la situazione, con l’abitazione ormai invasa da fumo e fuliggine, decisivo fu l’aver serrato l’intera famiglia nello stabile. Nel mentre, la centrale operativa della Questura allertava il 118, che disponeva l’invio di un mezzo idoneo per trasportare Angelo sulla sua carrozzina e col suo ventilatore. Anticipando gli eventuali ostacoli all’arrivo dell’ambulanza, attraverso una tronchesi, gli agenti rompevano la catena di un cancello per favorire l’accesso del mezzo di soccorso.

Dopo circa due ore di fuoco e terrore, Angelo ed i suoi cari furono fuori pericolo. I vigili del fuoco, intervenuti con un’autobotte, lavorarono fino a notte per estinguere il rogo. Una storia a lieto fine, dunque. Una storia di coraggio e solidarietà che Angelo stesso racconta in una lettera inviata al questore di Vibo Valentia Cristiano Tatarelli per ringraziare quei quattro angeli in divisa senza i quali - dice - «oggi non sarei qui»: l’assistente capo coordinatore Antonio Nesci e gli agenti Andrea Pispicia, Antonino Liuzzo e Giuseppe Di Leo.

«La mia abitazione era invasa dal fumo ed io, essendo immobile, attaccato ad un ventilatore – scrive Angelo – non mi sarei potuto muovere in alcun altro modo». E poi: «È solo grazie a loro se oggi sono qui a raccontare l’accaduto. Dico grazie e non solo per il loro servizio ma anche per la grande umanità che hanno avuto nei miei confronti, poiché il giorno seguente mi hanno reso visita per controllare che fossi fuori pericolo. Quindi – la conclusione della missiva al questore Tatarelli – onore a voi che avete svolto nel migliore dei modi e più del dovuto il vostro servizio. Grazie, angeli in divisa».