VIDEO | Per il clan era importante il successo del proprio “politico”. Questo lo scenario che emerge dall’inchiesta Rimpiazzo mentre la città vive un’altra tormentata campagna elettorale
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Duecento voti e si sale…», diceva il picciotto del clan alla sua ragazza. Era intercettato dalla Squadra mobile di Vibo Valentia su delega della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Siamo tra il 2014 e il 2015 e - diceva al telefono il “bersaglio” degli agenti in cuffia - doveva presentarsi addirittura lui alle elezioni comunali. Poi, però, fu scelto un altro che, all’esito dello scrutinio, risultò eletto. Per i poliziotti era una figura molto interessante, sul piano investigativo: d’altronde, l’indagato sosteneva di essere proprio lui colui il quale doveva raccogliere i consensi di tutti i «giovani votanti» e, quindi, convogliarli, sul candidato prescelto.
Erano in programma, nel 2014, anche le elezioni regionali. E il suo clan, quello dei Piscopisani, aveva un candidato su cui - almeno a leggere le intercettazioni - aveva deciso di puntare. Di più - avesse vinto il loro candidato - sarebbero esplosi «i fuochi d’artificio», perché «sarebbe stata una soddisfazione per Piscopio». O meglio, sarebbe stata una soddisfazione, per il clan dei Piscopisani. E non era importante solo l’elezione del candidato. Diventava paradossalmente più importante il successo del proprio “politico” al seggio di Piscopio. Ecco perché un’altra intercettazione diventa emblematica. Era il 24 novembre 2014, era in corso lo scrutinio e il clan era come se avesse un proprio rappresentante di lista a monitorare lo spoglio e telefonicamente aggiornava la situazione. «Continuando così saremo i primi a Piscopio…».