Aveva deciso di intraprendere la carriera di giudice, la togata Giorgia Castriota, 45enne di Cosenza, arrestata oggi, giovedì 20 aprile 2023, dal collega del tribunale di Perugia in ordine a una richiesta di misura cautelare avanzata nei suoi confronti dalla procura coordinata dal procuratore capo Raffaele Cantone, già presidente di Anac (autorità nazionale anticorruzione).

Il giudice cosentino, in servizio presso l'ufficio gip-gup del tribunale di Latina, ricadente nel Distretto Giudiziario di Roma, di cui è competente territorialmente la procura di Perugia, è accusato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, corruzione in atti Giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.

 

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Dalla pratica a Cosenza al tirocinio a Roma

Giorgia Castriota aveva mosso i primi passi a Cosenza, facendo pratica in uno studio legale cittadino, per poi vincere il concorso in magistratura nel 2012, superando il tirocinio a Roma, come certificato da un provvedimento della Corte d'Appello di Roma, la quale espresse all'unanimità parere favorevole per il superamento del periodo in coabitazione con un magistrato romano.

Poi la sua carriera si è sviluppata a Reggio Calabria, dove aveva assunto le funzioni di gip, partecipando anche a casi delicati nell'ambito di procedimenti riconducibili alla criminalità organizzata. Infine, dalla Calabria al Lazio. A Latina si trovava da alcuni anni, sempre con le stesse funzioni di gip.

Giorgia Castriota viene descritta come una professionista molto coscienziosa, irreprensibile e dedita al lavoro. Le carte dell'inchiesta, tuttavia, dicono il contrario. Le accuse mosse a Giorgia Castriota infatti sono molto gravi, ovviamente tutte da provare in un giusto processo. Nel mirino della procura di Perugia sono finite le procedure di amministrazione giudiziaria di beni sequestrati. Nell'ambito di tale settore, avrebbe favorito due consulenti finiti in carcere, Silvano Ferraro e Stefania Vitto.

Gli incarichi, secondo la procura di Perugia, sarebbero stati affidati al di fuori di criteri oggettivi in un «chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione» nel quale i consulenti Ferraro e Vitto avrebbero diviso con il giudice le cifre liquidate spesso, sotto forma di contributo mensile e regali. Tra le contestazioni figura anche l'abbonamento allo stadio Olimpico per seguire le partite del campionato di serie A.