I convenzionati hanno appellato la sentenza del Tribunale per ottenere gli arretrati dal 2019 fino al 2022 e l'equiparazione contrattuale con i dirigenti
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È tutt’altro che chiuso lo scontro tra i medici convenzionati del 118 e l’Asp di Catanzaro che nel 2020 oltre a determinare una diaspora di sanitari dal servizio di emergenza, ha anche portato nelle aule di tribunale il caso della decurtazione delle indennità aggiuntive, disposto all’epoca dalla terna prefettizia insediata ai vertici dell’azienda dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose.
In primo grado
Nel novembre del 2022 il Tribunale di Catanzaro ha infatti rigettato il ricorso proposto da un gruppo di medici convenzionati dichiarando cessata la materia del contendere poiché nel frattempo era stato approvato un accordo stralcio che ripristinava l’indennità aumentandola di circa il doppio: dai 5,50 euro iniziali ai 10 euro attuali che i medici convenzionati hanno iniziato a percepire a partire da giugno del 2022.
Scontro aperto
Tuttavia, i camici bianchi non hanno deposto l’ascia di guerra decidendo di appellare quella sentenza che – al netto del ripristino delle indennità aggiuntive – ha però lasciato questioni ancora irrisolte. Queste sono contenute nel ricorso depositato in Corte d’Appello e riguardano l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro dei medici convenzionati ma soprattutto la corresponsione delle indennità non percepire dal dicembre 2019 fino a giugno del 2022. Periodo di tempo durante il quale la terna prefettizia ne aveva disposto la sospensione, salvo poi intervenire la Regione con l’accordo stralcio che l’ha ripristinata.
Vincolo di subordinazione
Rispetto alla prima questione, nel ricorso si rileva come «i medici ricorrenti ed i 26 dirigenti medici dell’Asp di Catanzaro svolgono le stesse mansioni, con le stesse modalità, con identico vincolo di subordinazione. Se dunque sono lavoratori subordinati i dirigenti medici non possono non esserlo anche i medici convenzionati. E se la quantità e la qualità della prestazione è la stessa non può non essere la stessa la retribuzione in applicazione dell’art. 36 Costituzione».
Disparità di trattamento
Nel ricorso viene esposta la disparità di trattamento tra i dirigenti medici «inseriti nella medesima pianta organica del Suem 118» e i medici convenzionati nonostante siano «assolutamente identiche» le prestazioni lavorative. «Dal raffronto, emerge una differenza media di circa 2.800 euro lordi con riferimento alla mensilità di maggio 2020 (busta paga dirigente medico contro busta paga medico convenzionato). Prima della decurtazione di € 5,50 (a decorrere dal dicembre 2019) la differenza era di 1.500 euro lordi circa» si legge nel ricorso.
Senza diritti
«Si aggiunga che i dirigenti medici hanno diritto alla retribuzione individuale di anzianità, alla tredicesima mensilità, al premio di fine lavoro, alla retribuzione di posizione e di risultato, alla maggiorazione per i turni notturni e festivi, alle tutele di cui alla l. n. 104 del 1992 (permessi), alla tutela economica della malattia, alle coperture assicurative previste dal Ccnl per la dirigenza sanitaria. Addirittura, i medici convenzionati, in quanto professionisti iscritti all’albo, pur se addetti all’emergenza sanitaria, e dunque ad attività ad altro rischio, specie durante l’emergenza Covid-19, non sono coperti dalla tutela Inail, a differenza dei colleghi dirigenti medici».
Gli arretrati
Vi è poi la questione della mancata corresponsione delle indennità per oltre due anni. In primo grado era stata rigettata la domanda di condanna al pagamento per le retribuzioni non corrisposte tra dicembre 2019 e giugno 2022, quando è entrato in vigore l’accordo stralcio. «A decorrere dal giugno 2022 i medici convenzionati ricevono 10 euro per ogni ora di servizio e ciò “per l’espletamento dei compiti integrativi, inscindibili dai compiti istituzionali”: compiti integrativi, connaturati inscindibilmente a quelli istituzionali, che coincidono esattamente con i “compiti aggiuntivi” di cui all’art. 29 AIR, salva la nuova ridenominazione finalizzata a scongiurare il ripetersi di equivoci interpretativi» argomentano i legali nel ricorso.