Due mesi esatti. Sessanta giorni, sessanta notti. Il tempo scorre ma non cancella. In quei luoghi in cui nella fanghiglia decine e decine di volontari, vigili del fuoco, forze dell’ordine, uomini della Protezione Civile si sono mossi, spinti dalla speranza di ritrovare in vita mamma Stefania e i suoi bambini, ora regna il silenzio. C’è pace negli uliveti in cui era stato allestito il campo di raccolta. C’è pace più giù, tra le zolle di terra ribaltate, messe sotto sopra da escavatori, pale, mani, lì dove sono stati ritrovati mamma Stefania e Christian e dove dopo una settimana di affannose ricerche la terra ha restituito anche il piccolo di casa. Torniamo in quei luoghi con Angelo Frijia, marito di Stefania e papà di Christian e Nicolò.


Due mesi intensi quelli trascorsi per Angelo. «Avevo tutto, ora non ho più nulla», ci racconta. Inquieto, dolorante ma non rassegnato. La rassegnazione è qualcosa che mai ha fatto capolino dalle sue parole o dai suoi intensi occhi scuri.

 

Angelo ha molto da fare. Deve capire e deve non dimenticare e non fare dimenticare. Questa è la sua missione quotidiana. Era uscita dal lavoro Stefania ed era andata a prendere i suoi piccoli dalla suocera. Dovevano rientrare al sicuro a casa. Ma sulla strada che collega San Pietro a Maida a San Pietro Lametino la pioggia è diventata sempre più imponente, la macchina ha iniziato a sbandare, perché l’asfalto era diventato un fiume. «Mi ha chiamato, era disperata, non riuscivo a capire dove fosse e allora ho pensato di andare io. Ma il tempo di arrivare loro non c’erano più», racconta Angelo.

 

E Angelo li ha cercati tutta la notte. Il telefonino di Stefania non suonava affatto, quello di Christian dopo due squilli interrompeva la chiamata, ci racconta. E lui quel figlio ha continuato a chiamarlo decine di volte nella speranza che potesse dirgli che era con la sua mamma e il fratellino in qualche casa, al caldo, al sicuro.


Ma non è andata così. L’indomani mattina un ragazzo ha trovato Stefania e Christian. Avevano già smesso di respirare. Per trovare Nicolò ci sono voluti giorni. «E’ stata Stefania a farlo ritrovare – ci dice - c’eravamo passati tante volte da quel punto e quel giorno è spuntato un pezzetto di stoffa azzurro. Era della maglietta di Nicolò».

 


Una tragedia troppo grande da descrivere, un dolore troppo lacerante da potere anche solo immaginare. «Stefania era unica. Mi ha portato sulla dritta via. Ero veramente innamorato. Christian lo adorano tutti. A scuola, gli amici, nella squadra di calcio…Nicolò era mio, me lo sentivo mio. Voleva stare sempre con me». E la Procura indaga per omicidio colposo plurimo. Un team di avvocati e di geologi si sta occupando della vicenda. Quello che è successo non è normale. Ci sono responsabilità da appurare e tre angeli da non dimenticare.
E, intanto, sullo sfondo della tragedia nascono nuovo realtà.

 

I volontari i sono costituiti in associazione. Ora andranno ad aiutare chiunque abbia bisogno. Un oratorio, invece, ricorderà Christian e Nicolò a pochi passi dalla casa in cui sono cresciuti e dai luoghi in cui hanno giocato. «Loro ci sono sempre, sono nel mio cuore, lotterò per loro ogni giorno» dice Angelo.