I carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nei confronti di 19 persone ritenute responsabili – a vario titolo – dei delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi, nonché reati contro il patrimonio.


L’indagine convenzionalmente denominata Scipione fu avviata dal Nucleo investigativo del Comando Provinciale di Messina a seguito di un attentato a colpi di fucile perpetrato da ignoti il 27 settembre 2016 nei confronti di alcuni pregiudicati che si trovavano seduti all’esterno di un bar Messina; gli approfondimenti eseguiti sulle vittime dell’azione di fuoco hanno fatto emergere come costoro fossero inseriti nel contesto del traffico di droga cittadino e hanno quindi consentito di delineare i contorni di un’associazione per delinquere dedita ad un florido traffico di sostanze stupefacenti.

I nomi

I provvedimenti restrittivi in carcere sono stati eseguiti nei confronti dei sottonotati indagati:

 

1

Angelo Albarino, 45enne;

11

Salvatore Favasuli, 46enne;

2

Giovanni Bonanno, 47enne;

12

Adriano Fileti, 50enne;

3

Stellario Brigandì, 52enne

13

Stefano Marchese, 43enne;

4

Fortunato Calabrò, 42enne;

14

Giampaolo Milazzo, 49enne;

5

Santo Chiara, 43enne;

15

Giovanni Morabito, 37enne;

6

Rinaldo Chierici, 49enne;

16

Francesco Spadaro, 40enne;

7

Roberto Cipriano, 53enne;

17

Maria Visalli, 42enne;

8

Giuseppe Coco, 43enne;

18

Marcello Viscuso, 49enne;

9

Alessandro Duca, 42enne;

19

Orazio Famulari, 45enne ( arresti domiciliari)

10

Costantino Favasuli, 48enne;

 

 

Le indagini

In particolare, le indagini sul conto di Angelo Albarino, titolare di una paninoteca sita in via Cesare Battisti, hanno fatto emergere come questi e Selvaggio Giuseppe, poi divenuto collaboratore di giustizia, fossero i promotori di un più ampio gruppo criminale che si riforniva stabilmente di droga da elementi riconducibili alla cosca di ‘ndrangheta “Morabito-Bruzzaniti-Palamara” di Africo Nuovo (Rc), che assicuravano la consegna a domicilio, su base settimanale, di carichi di cocaina e marijuana che venivano poi destinati alle principali piazze di spaccio della città di Messina.

 

L’individuazione dei fornitori calabresi, identificati nei fratelli Salvatore e Costantino Favasuli e nel loro cugino Morabito Giovanni (quest’ultimo nipote del capo cosca Giuseppe Morabito, inteso il “tiradritto”, esponente apicale della ndrangheta ionico reggina) è stato possibile grazie al monitoraggio del locale dell’Albarino ove i predetti si recavano senza alcun preavviso telefonico per accordarsi di persona con l’Albarino per le consegne di narcotico e per i pagamenti da ricevere.

Il modus operandi per occultare la droga

Particolare il modus operandi utilizzato dagli indagati per sottrarsi alle possibili investigazioni, documentato dai Carabinieri nel corso dei servizi di osservazione presso il citato locale: quando i calabresi arrivavano al locale, entravano senza salutare l’Albarino come se non si conoscessero. Quest’ultimo li seguiva all’interno del locale solo alcuni minuti dopo il loro ingresso, una volta accertatosi che non vi fossero servizi di osservazione delle forze dell’ordine. All’interno del locale avvenivano quindi le trattative per la fornitura del narcotico.

 

La droga veniva quindi trasportata ogni settimana dalla Calabria a bordo di autovetture con doppi fondi; il trasporto era effettuato dai calabresi stessi, i quali garantendo la consegna a domicilio, pretendevano una maggiorazione sul prezzo di vendita di ogni carico. Albarino e Selvaggio curavano poi la successiva distribuzione del narcotico attraverso una rete di pusher, mentre i fornitori calabresi rifornivano anche altri gruppi di spacciatori messinesi facenti capo a Salvatore Santo, deceduto nel 2019 in carcere, e a Duca Alessandro, quest’ultimo in rapporti anche con il gruppo facente capo a Selvaggio ed Albarino.

 

Nel corso dell’attività investigativa sono state documentate le particolari modalità di occultamento dello stupefacente in Calabria: infatti, i Carabinieri del Nucleo Investigativo hanno ricostruito come i Favasuli ed il Morabito fossero soliti nascondere lo stupefacente seppellendolo nella sabbia dell’arenile di Africo Nuovo, contrassegnando i punti ove era occultato il narcotico con degli appositi segnali; nell’aprile del 2017, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Messina e della locale Compagnia di Bianco riuscivano a individuare uno dei luoghi di occultamento del gruppo, recuperando 6 kg di marjuana, alcune dosi di cocaina  ed un revolver calibro 44 completo di munizionamento, il tutto occultato in apposite buche nella sabbia.

Rocambalesco inseguimento nel maggio 2017

Nel maggio del 2017, invece i Carabinieri della Compagnia di Messina Sud furono costretti ad eseguire un rocambolesco inseguimento per sequestrare un carico di droga che era appena stato ceduto dall’organizzazione criminale indagata. La droga era trasportata a bordo di un’autovettura da Protopapa Francesco e Agostino Ninone Pasqualino, entrambi di Sant’Agata Militello e da un terzo uomo solo in un secondo momento identificato in Bontempo Sebastiano detto il “Uappo”, elemento apicale del gruppo mafioso tortoriciano dei “batanesi”.

 

Alla vista dei Carabinieri che volevano procedere a un controllo, i tre speronarono l’auto dei militari e tentarono la fuga a bordo dell’auto; dopo un inseguimento i militari riuscirono a bloccare l’auto in fuga e ad arrestare il Protopapa e l’Agostino Ninone, sequestrando 2,5 kg di marijuana, mentre il Bontempo riusciva a fuggire per le campagne sottraendosi all’arresto; il Bontempo verrà comunque identificato grazie alle indagini che in quel periodo il Ros stava facendo nei suoi confronti nell’ambito dell’indagine “Nebrodi”.

Le indagini concluse grazie ai collaboratori di giustizia

Il quadro delineato dalle investigazioni dei Carabinieri ha trovato successive conferme nelle dichiarazioni rese da Minardi Giuseppe che ha confermato il rapporto tra il cugino Albarino Angelo e Selvaggio Giuseppe nell’ambito del traffico di stupefacenti ed i loro rapporti con i fornitori calabresi. Successivamente lo stesso Selvaggio Giuseppe, tratto in arresto nell’ambito di un’altra indagine per il reato di usura decideva di avviare un rapporto di collaborazione con la giustizia ammettendo il proprio coinvolgimento nel traffico di stupefacenti e confermando la collaborazione dei coindagati come appartenenti al gruppo di cui era a capo.

 

Le indagini hanno inoltre fatto emergere come il Selvaggio ed i suoi complici fossero anche attivi nel pianificare e progettare il compimento di furti in appartamento, individuando le potenziali vittime facoltose, controllandone gli spostamenti e studiandone le abitudini al fine di commettere i fruttuosi colpi. In particolare, sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza a carico di uno degli indagati risultato autore, unitamente ad un complice rimasto sconosciuto, di una rapina in abitazione commessa il 09 aprile del 2016, a Torrenova (Me), ai danni di una donna 60enne che, nella circostanza, venne picchiata e legata ad una sedia e derubata di denaro contante e gioielli.