L'inchiesta Vulcano vedeva alla sbarra presunti membri di un sodalizio criminale che dall'estero faceva giungere chili e chili di cocaina nello scalo calabrese. Confermate in toto le condanne inferte ai presunti capi del gruppo Antonino Pesce e Michele Zito
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Fatta eccezione per la conferma della condanna a 20 anni di carcere per Michele Zito e Antonino Pesce, classe 1992, si è concluso con notevoli sconti di pena il processo di secondo grado, svoltosi con il rito abbreviato scaturito dall’inchiesta “Vulcano”. Alla sbarra c’erano presunti appartenenti ad un gruppo criminale, articolato su più livelli ,che dall’estero facevano giungere al porto di Gioia Tauro grandi carichi di cocaina. Per molti imputati, i giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria hanno, però escluso le aggravanti relative all’associazione armata nonché quella della transnazionalità. Il ruolo di promotori dell’associazione criminale per alcuni è stato rimesso in discussione e da “capi” sono stati ritenuti meri partecipi.
Inchiesta Vulcano
L'indagine “Vulcano”, curata dalle Dda di Reggio Calabria e Napoli, scattò nel luglio del 2016 quando le Fiamme Gialle spedirono, in un primo momento, chi in galera e chi agli arresti domiciliari, 15 persone accusate - a vario titolo- di far parte di un'associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina per conto delle potenti cosche di 'ndrangheta Molè, Piromalli, Alvaro, Crea e Pesce, tutte attive nella Piana di Gioia Tauro. Nell'ambito della prima tranche dell'inchiesta furono sequestrati 80 chili di cocaina purissima rinvenuta all'interno di uno degli oltre mille e 500 containers imbarcati sulla nave mercantile "MSC Poh Lin" – successivamente sequestrata dai finanzieri – che attraccò presso lo scalo portuale gioiese il sette luglio del 2016. A reggere le redini dell’organizzazione sarebbe, anche alla luce della sentenza di secondo grado, Antonino Pesce, classe 1982. ll presunto rampollo della 'ndrina è stato condannato a 20 anni di detenzione in quanto ritenuto un narcotrafficante a tutti gli effetti.
L'importazione di cocaina
In particolare Pesce è ritenuto dagli inquirenti di essere il reggente della cosca in seguito alla detenzione dei fratelli "Testuni", ossia Francesco, classe 1978, e Giuseppe, classe 1980, e del proprio fratello Francesco, classe 1979, ed in particolare di aver curato, per conto della 'ndrina, «l'approvvigionamento delle risorse finanziarie, principalmente gestendo attività di importazione di cocaina dal Sudamerica e curando l'attività di esfiltrazione della stessa laddove importata da altri e stoccata in container sbarcati al Porto di Gioia Tauro, Livorno ed altri, amministrando tali risorse finanziare e distribuendole ai vertici della cosca detenuti ed ai loro familiari, curando i rapporti con le altre cosche a cominciare dalla cosca Bellocco e dalla cosca Molè, e più in generale svolgendo le funzioni di organizzatore e promotore della cosca».
L'arrivo della droga nei porti
All'interno delle carte dell'inchiesta "Vulcano" è evidenziato inoltre, come l'organizzazione criminale aveva pianificato una nuova metodologia d'importazione dello stupefacente, la quale prevedeva – grazie al diretto coinvolgimento del comandante della cargoship MSC Poh Lin – il trasbordo del carico direttamente in mare su un'altra imbarcazione e non più, attraverso il metodo del cosiddetto rip-off, attuato mediante estrazione dei borsoni contenenti lo stupefacente direttamente all'interno del porto. Gli inquirenti sono arrivati a comprendere la minuziosa organizzazione del trasbordo attraverso il rinvenimento di diversi "pizzini" scovati all'interno della cabina in uso al comandante, sui quali erano appuntati la dicitura "80 kg" con l'indicazione del numero del container sul quale la droga era inizialmente stata caricata è stato trovate anche uno schema riepilogativo delle varie fasi attraverso cui si sarebbe dovuta articolare l'operazione di trasbordo, la quale sarebbe stata attuata anche mediante lo spostamento fisico della cocaina ad un nuovo container- il numero del container, successivamente, sarebbe stato tempestivamente comunicato dallo stesso comandante all'organizzazione criminale.
La sentenza d’Appello
Antonino Pesce (cl.1982) 20 anni di reclusione
Michele Zito 20 anni
Salvatore Etzi 14 anni (18 anni in primo grado)
Ernesto Madafferi 12 anni (18 anni)
Giuseppe Pataffio 12 anni (16 anni)
Francesco Gioffrè 7 anni e 9 mesi (14 anni)
Antonio Pavia 6 anni 8 mese (14 anni)
Rosario Cunsolo 9 anni (13 anni e 4 mesi)
Gaetano Tomaselli 9 anni (13 anni e 4 mesi)
Pacifico Belcastro 8 anni (12 anni e 4 mesi)
Giovanni Manglaviti 6 anni e otto mesi (12 anni)
Francesco Ferraro 5 anni (10 anni e 8 mesi)
Gregorio Marchese 5 anni (10 anni e 8 mesi)
Giuseppe Nicolaci 8 anni (10 anni e 8 mesi)
Tomaso Concas 5 anni e quattro mesi (8 anni e 8)
Luigia Di Casola 5 anni e quattro mesi (8 anni e 8 mesi)
Luca Martinone 3 anni e quattro mesi (8 anni)
Achille Rocco Scutellà 5 anni (8 anni)
Caterina Ursida 5 anni e quattro mesi (7 anni e 8 mesi)
Gabriello Savarese 5 anni (5 e 10 mesi)
Daiana Concas 5 anni e 2 mesi
Tonino Belcastro 1 anni e 8 mesi