Centrale il ruolo del 53enne Domenico: per la Dda di Catanzaro i figli sarebbero stati al suo fianco. Dalla famiglia schede sim e cellulari in carcere per i cugini. Il gancio a Novara per investire
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Cortale, Maida, Jacurso, Maierato: è qui che il controllo della cosca Cracolici si sente di più. Al confine tra Lametino e Vibonese il clan guidato da Domenico Cracolici, 53 anni, detiene «l’indiscussa egemonia ’ndranghetistica». L’associazione mafiosa viene contestata agli esponenti del gruppo guidato al boss. C’è, però, un’altra associazione – finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti – guidata da Fabio Vescio: i due gruppi agiscono, secondo la Dda di Catanzaro, «in stretta collaborazione tra loro».
Sono 13 gli indagati ai quali viene contestato il reato di associazione mafiosa. A capo del clan ci sarebbe, appunto, il 53enne Domenico Cracolici, «capo indiscusso» della ’ndrina di Maida e Cortale. Al suo fianco i figli Giuseppe e Matteo, che «si occupavano di veicolare messaggi tra gli associati» e «nei rapporti con altre consorterie». Il boss teneva i contatti con le altre cosche della zona: i magistrati antimafia parlano di «stabili alleanze con la cosca Anello-Fruci per il territorio di Filadelfia e Acconia di Curinga, con i Mancuso di Limbadi, i Cerra-Torcasio-Gualtieri e la famiglia Trovato della zona di Lamezia Terme. Era sempre il capo a mantenere i contatti «finalizzati alla conduzione degli affari connessi (anche) al traffico di sostanze stupefacenti, con i membri della ’ndrina Cracolici di Maierato: tra questi anche i cugini Domenico (nato nel 1982) e Alfredo (nato nel 1986), figli di Raffaele Cracolici, storico capocosca vittima di omicidio il 4 maggio 2004 nella guerra di mafia con i Bonavota)». Al 42enne Domenico Cracolici il clan avrebbe assicurato «protezione e ospitalità» durante il periodo della latitanza, dal 19 dicembre 2019 al 29 gennaio 2021. Il sostegno familiare sarebbe stato offerto anche da altri parenti che avrebbero procurato ai due (Domenico e Alfredo) «schede sim e cellulari sicuri per consentire le comunicazioni all’interno dell’organizzazione mentre Domenico era in carcere a Bologna e Alfredo ai domiciliari a Maierato».
Era sempre il 53 enne capo del presunto gruppo criminale a mantenere «rapporti di natura corruttiva con alcuni appartenenti alle forze dell’ordine come il luogotenente Vincenzo Pulice, comandante della stazione dei Carabinieri di Maida, e i militari della stazione forestali Carabinieri di Girifalco, dai quali riceveva controlli blandi se non inesistenti nel settore del taglio boschivo nella zona in cui operava e nelle coltivazioni di piante di Canapa sativa».
Renato e Mario Cracolici, invece «rappresentavano il “braccio operativo” dell’organizzazione»: atti intimidatori, reperimento di armi e traffico di droga le loro attività principali. Sarebbero stati i due a occuparsi dello smercio di stupefacenti, «mettendo a disposizione terreni di proprietà e manodopera per la realizzazione di piantagioni di cannabis indica».
Uno dei Cracolici, il 54enne Francesco, «da tempo radicato al Nord ma in costante collegamento» con il clan «rappresenta la faccia imprenditoriale della ’ndrina calabrese». Sarebbe, infatti, «promotore delle realtà societarie costituite in provincia di Novara, formalmente intestate a prestanome, nelle quali vengono immessi i capitali frutto delle attività illecite del sodalizio».