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Doti di ‘ndrangheta attribuite durante le udienze, nelle aule bunker o all’interno delle carceri, nei luoghi in cui dovevano decidersi le loro sorti o in cui avrebbero dovuto espiare le loro pene. Squarci di vita criminale, fotografie di un sistema che da anni prosegue indefesso. Si ingiallisce la pellicola ma il film va avanti con registi ed attori nuovi. I racconti dei pentiti riversati nell’ordinanza dell’operazione ‘Nuove Leve’ sembrano sceneggiature da film, ma sono, spesso, non solo realtà ma quotidianità spicciola per chi la vive.
Il testimone di giustizia Pasquale Catroppa ebbe la dote di Sgarro in un un’aula bunker, quella del processo Perseo. Lo racconta lui stesso nelle sue confessioni fiume. Ad attribuirgliela sarebbe stato Saverio Giampà con il consenso di Vincenzo Giampà detto il Camacio. Una dote importante quella dello Sgarrista, ultimo grado della cosiddetta Società Minore e data a chi ha compiuto almeno un omicidio.
Pasquale Giampà racconta, invece, agli investigatori di essere diventato ‘picciotto’ a sedici anni per mano del "professore", Francesco Giampà, all’interno di una masseria. L’ultimo grado, il più alto, quello di ‘Mamma Santissima’ lo avrebbe ricevuto, rivela ancora il pentito, all’interno del carcere di Voghera da un esponente della cosca Grande Aracri di Cutro. “Millelire” questo il suo soprannome, è indicato come uno dei membri della cosiddetta “commissione”, l’organo che raccoglieva i rappresentanti dei vari gruppi familiari che facevano capo alla cosiddetta cosca “Giampà”.
Tiziana Bagnato