C'è anche il boss Giuseppe Morabito, 78 anni e residente nel Varesotto, tra i quattro indagati per il caso riaperto dalla Procura di Milano sul sequestro a scopo di estorsione che si e' concluso con l'omicidio, 47 anni fa, della 18enne Cristina Mazzotti, la prima donna a essere rapita dall'Anonima sequestri al Nord Italia.

Il nome di Morabito, quale ideatore del rapimento, è il nuovo nome che compare nell'avviso di chiusura della terza inchiesta, - che prelude a una richiesta di processo - condotta dalla Squadra Mobile coordinata dal pm della dda milanese Stefano Civardi. Nell'atto non c'è invece Antonio Romeo originariamente iscritto nel registro degli indagati: la sua posizione è stata stralciata probabilmente per una richiesta di archiviazione.

Oltre a Morabito, i destinatari dell'avviso di chiusura dell'indagine sono Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò e Antonio Talia, pure loro vicini alla 'ndrangheta. I quattro in concorso con 13 persone, già condannate e alcune decedute, con ruoli distinti, sono accusati di sequestro di persona. 

Omicidio Cristina Mazzotti: la ricostruzione

Come si legge nel capo di imputazione, i quattro «presero parte attiva e portarono a compimento la fase esecutiva del sequestro», Latella, Calabrò e Talia, si recarono a bordo di due autovetture nei pressi dell'abitazione della ragazza, a Eupilio, in provincia di Como. Attorno all'1.30 bloccarono l'auto, una Mini Minor, su cui stava rincasando la giovane con due amici. La 18enne fu incappucciata e consegnata ad alcuni complici nel Comune vicino di Appiano Gentile, mentre i due amici legati e narcotizzati. Come hanno ricostruito i processi che si sono già celebrati, al padre della ragazza, Helios, furono chiesti 5 miliardi di lire di riscatto e dopo un mese l'uomo racimolò 1 miliardo e 50 milioni che pagò.

Il primo settembre del '75 una telefonata anonima indicò ai carabinieri di scavare in una discarica di Galliate (Novara). Lì fu ritrovato il cadavere, Cristina era stata uccisa da un cocktail di farmaci. Morabito non solo è ritenuto dalla Procura di Milano uno degli ideatori, ma è accusato di aver preso parte al sequestro fornendo un'auto che servì da 'civetta' per segnalare l'arrivo della Mini Minor alla villa di Eupilio e per "fare da staffetta verso il luogo" della prigionia della giovane. Ora si va verso un altro processo.