«Questa vicenda dà proprio lo spaccato di come alcuni fenomeni di illegalità, alcuni fatti penalmente rilevanti, possono insorgere proprio perché in alcuni contesti della pubblica amministrazione c'è una percezione debole, accomodante, della legalità». Una «percezione debole della legalità all'interno della pubblica amministrazione» è quello che viene fuori, per il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Capomolla, dall'operazione "È dovere" della Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Catanzaro, che ha portato all'alba di ieri agli arresti domiciliari della dirigente del dipartimento turismo beni culturali e spettacolo della Regione Calabria Maria Gabriella Rizzo, all'epoca dei fatti responsabile per la trasparenza e la prevenzione della corruzione, e dell'imprenditrice turistica vibonese Laura Miceli.


L'accusa è quella di corruzione: consulenze e informazioni sui bandi regionali ancora non pubblicati in cambio di viaggi, pranzi e bottiglie di vino. «La dirigente della Regione era asservita a quelle che erano le necessità e le richieste da parte dell'imprenditrice - ha aggiunto il comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria Carmine Virno - questo sia consigliando come fare una domanda, cosa indicare all'interno della domanda stessa, sia suggerendo di far partecipare un altro tipo di impresa in modo da poter concorrere a un altro tipo di fondo. Sono state accertate diverse situazioni in cui il fine ultimo era sempre quello di un rapporto che oggettivamente non ci doveva essere tra l'imprenditore e il funzionario della Regione». Nell'inchiesta si ipotizza il concorso con la dirigente Rizzo anche di un ingegnere, consulente esterno della Regione Calabria, con il compito di controllare i finanziamenti erogati al settore turistico.  Nei suoi confronti è stata avanzata la richiesta di sospensione dall'incarico.