Il giorno in cui ha acquistato, anzi, riacquistato la sua libertà, il giorno della sua seconda nascita. Ha gli occhi lucidi, commossi, emozionati Rocco Mangiardi quando ripensa a quel 9 gennaio 2009. Il giorno in cui testimoniò in tribunale facendo nomi e cognomi di chi, con minacce e “visite” continue, per anni lo aveva vessato con richieste estorsive.

Il giorno in cui puntò il dito contro Pasquale Giampà, detto “Mille Lire”, cercando poi lo sguardo dei suoi figli in fondo all’aula e trovando nei loro occhi orgoglio e gratitudine. Aveva cercato di convincerlo anche dicendogli che «a via del Progresso pagano tutti» la cosca Giampà. Ma a Rocco, proprietario di un negozio di autoricambi proprio sull’arteria incriminata, un uomo tanto minuto nella statura quanto grande per dignità e coraggio, non interessava.

Quell’ipoteca non la voleva, consapevole anche di ciò a cui sarebbe servita, tanto da dirlo anche ad alta voce in tribunale all’indirizzo di Mille Lire: «Io quei milleduecento euro per poi pagare ragazzini per mettere bombe e taniche di benzina non te li avrei mai dati».


Una sfida vissuta fino in fondo la sua, tanto da aiutare anche le forze dell’ordine ad incastrare i malfattori. Chiede un incontro a Giampà per discutere della cifra richiesta, troppo alta - gli dice - per le sue possibilità. È una trappola, Mille Lire viene colto in flagrante. Rompe un muro Rocco. Denuncia e non si nasconde. Anzi, vuole raccontare la sua storia. «Ho la scorta ma sono libero come non sono mai stato» ci dice. Ripensa all’emozione di quel giorno, alla notte insonne che lo precedette: «Non dormii ma non per la paura, ma per l’emozione. Sapevo che quel giorno sarei tornato libero».