L’agguato in cui è stato ucciso l’operaio è ancora senza movente. Sentiti i familiari del 24enne freddato a San Pietro di Caridà
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È ancora senza un movente ben definito l'omicidio di Domenico Oppedisano, il 24enne ucciso ieri mattina in un agguato mentre a bordo della sua Fiat Panda percorreva una strada interpoderale in contrada Prateria di San Pietro Caridà, nel Reggino, al confine con la provincia di Vibo Valentia. I carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, con il coordinamento della Procura di Palmi, hanno a lungo sentito i parenti della vittima, il padre Giuseppe, già noto alle forze dell'ordine e in passato coinvolto in indagini sulla 'ndrangheta, i due fratelli, gli amici, proprio per cercare un appiglio utile che possa indirizzare le indagini su una pista certa. Cosa che al momento non è stata individuata.
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Gli investigatori stanno anche valutando eventuali collegamenti tra il delitto di ieri e l'omicidio di Alessandro Morfei, di 30 anni, ucciso anche lui a colpi di lupara mentre stava lavorando la terra su un trattore nelle campagne di Dinami, in provincia di Vibo Valentia.
Fatto di sangue accaduto il 10 di settembre del 2022, quattordici anni dopo l'omicidio del padre di Alessandro, Pietro Morfei, ritenuto legato all'omonima famiglia di 'ndrangheta della zona, ucciso davanti ad un bar a Dinami il 17 luglio del 1998. Gli inquirenti stanno valutando se possa esserci un legame tra i due episodi anche per Oppedisano e Morfei sarebbero legati da un rapporto di parentela. Quello tra San Pietro di Caridà e Dinami è un territorio delicato e complesso dove convergono più famiglie legate a contesti mafiosi sia nella parte della Piana che del Vibonese, con fatti di sangue che nel corso del tempo si sono susseguiti.