È finalmente partito in Corte d’Assise a Cosenza il processo contro Tiziana Mirabelli, 46enne cosentina, accusata dell’omicidio di Rocco Gioffrè, ucciso in via Monte Grappa, il 14 febbraio 2023. L’assassinio è avvenuto, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, al quinto piano dell’edificio nel quale abitavano sia l’imputata, rea confessa, che la vittima, originario di San Fili, comune in provincia di Cosenza.

L’udienza di oggi, presieduta dal presidente Paola Lucente (giudice a latere Francesca De Vuono) ha permesso alla procura di Cosenza, rappresentata dal pubblico ministero Maria Luigia D’Andrea, di escutere il primo teste di polizia giudiziaria – un carabiniere in servizio presso la caserma “Grippo” di Cosenza – che ha partecipato alla fase delle indagini preliminari, facendo attività di acquisizione dei dati rinvenuti nei cellulari di proprietà di Tiziana Mirabelli e Rocco Gioffrè. I due infatti abitavano uno di fianco all’altro e avevano un rapporto d’amicizia che sarebbe stato minato da diversi momenti di tensione.

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Tensione generata dal fatto che la vittima voleva avere un rapporto sessuale mentre l’imputata non era disposta ad andare oltre. Ed è in tale contesto che sarebbe maturato il delitto, ovvero quando l’uomo, entrato a casa di Mirabelli, avrebbe preteso un rapporto sessuale che la donna, secondo quanto dichiarato ai carabinieri una settimana dopo l’omicidio, avrebbe rifiutato. Qui l’imputata avrebbe strappato dalle mani di Gioffrè il coltello, “punendolo” 47 volte, come accertato dalla perizia medico-legale presente agli atti del fascicolo, oggi a disposizione della Corte d’Assise.

Tornando alla prima udienza dibattimentale, il militare dell’Arma ha ripercorso prima le chat sulle app di messaggistica, dove le conversazioni erano di vario tipo. Poi ha parlato di alcuni frame dai quali si evincerebbero diverse cose. Innanzitutto, allo stato attuale, non vi è ancora certezza dell’orario della morte, visto che in un video si vede Tiziana Mirabelli ancora senza ferite alle mani. Parliamo delle ore 6.46 del 14 febbraio 2023.

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L’obiettivo della Procura, almeno in questa fase, è quello di provare che la donna abbia preso 1.800 euro dal portafoglio di Rocco Gioffrè, dopo averlo ucciso. La difesa invece ha posto domande finalizzate a smontare questa tesi, evidenziando che nel famoso cofanetto non si vedrebbe in maniera nitida l’immagine neppure di una banconota, ma presumibilmente di un ciondolo o forse di un portachiavi. Aspetti che comunque verranno ripresi nella prossima udienza. Già in questa prima seduta processuale dalle chat non è emersa neanche la consapevolezza che Tiziana Mirabelli fosse a conoscenza che l’uomo conservasse a casa soldi in contanti.

Nel corso della lettura dei messaggi telematici, emergerebbero alcune cose, vedi l’attività di Gioffrè di “controllare” Tiziana Mirabelli in ogni suo movimento (con microspie e telecamere di cui si faceva riferimento nei messaggi), temendo che la donna potesse avere altre relazioni e assumendo un atteggiamento morboso nei riguardi di lei. Elementi venuti a galla dopo l’avvio dell’inchiesta che poi ha preso una strada diversa, visto che la Procura ha contestato l’aggravante del nesso teleologico in conseguenza di una rapina. Il processo, dunque, si gioca su questi temi. Almeno fino a quando non si parlerà della dinamica dell’omicidio, e in questo caso servirà il racconto dell’imputata. L’imputata è difesa dall’avvocato Cristian Cristiano, mentre le parti civili sono assistite dall’avvocato Francesco Gelsomino.