Da un lato, Domenico Ceravolo era un sindacalista attivo, impegnato nel tesseramento degli operai e punto di riferimento per le pratiche amministrative della Filca Cisl, il sindacato degli edili che, fino al suo arresto, gli aveva riconosciuto una certa considerazione. Dall'altro, però, Ceravolo sarebbe stato legato alla 'ndrangheta calabrese, in particolare alla potente cosca Bonavota, e a un criminale di spicco come Francesco D’Onofrio, uno dei principali esponenti della mafia calabrese in Piemonte, secondo le indagini.

L'inchiesta condotta dalla Dda di Torino, che ha preso il nome di "Factotum", ha portato alla luce un quadro inquietante. Ceravolo, 48 anni, nato a Torino ma originario del Vibonese e attualmente detenuto nel carcere di Voghera, avrebbe vissuto tra due mondi: da un lato beneficiava di vantaggi economici offerti dal sindacato, come una macchina (una Ford Kuga intestata alla Ald Automotive e noleggiata dalla Filca Cisl), una casa in affitto pagata dall’organizzazione, uno stipendio aumentato, viaggi e smartphone aziendali; dall’altro, però, sarebbe stato coinvolto con la criminalità organizzata.

L’accusa nei suoi confronti è gravissima: secondo i pm, Ceravolo avrebbe agito per conto del boss D’Onofrio, gestendo contatti con altri membri della 'ndrangheta e provvedendo anche al sostentamento dei detenuti per associazione mafiosa. Inoltre, avrebbe utilizzato la sua posizione sindacale per presentare domande di reddito di cittadinanza a favore di affiliati alla criminalità. Ceravolo avrebbe inoltre favorito la latitanza di Pasquale Bonavota, ricercato a livello internazionale, e inviato denaro a un altro latitante, in Marocco.

Tra le altre cose, avrebbe messo a disposizione la sua busta paga per garantire un mutuo da 100mila euro, utilizzato per l’acquisto di un appartamento da parte della moglie di un uomo dei clan che avrebbe anche assistito nell'ottenimento del reddito di emergenza durante il periodo Covid, incassando 800 euro al mese per nove mesi.

La sua busta paga sarebbe stata anche utilizzata per l'acquisto e la successiva vendita di un'auto appartenente alla moglie di un membro di spicco della famiglia Arone. Gli investigatori sottolineano la lealtà di Ceravolo verso Francesco D’Onofrio, al quale riferiva ogni dettaglio, anche mentre l'uomo si trovava agli arresti domiciliari.

Inoltre, secondo l’accusa, Ceravolo avrebbe tutelato gli interessi di imprenditori del settore edile legati alla 'ndrangheta, aiutando le loro aziende a superare misure antimafia e interdittive.

Secondo le indagini, Ceravolo avrebbe danneggiato gli operai iscritti al sindacato, tutelando invece gli imprenditori mafiosi, in particolare nel caso di indennità di malattia, assegni da cassa edile e altre spettanze. Il suo avvocato, Christian Scaramozzino, ha dichiarato a La Stampa che tutti i contatti di Ceravolo erano da intendersi come parte del suo ruolo di sindacalista, con l'obiettivo di raccogliere adesioni per il sindacato.