Del giovane di Vallefiorita, piccolo paese in provincia di Catanzaro, legato al letto per 20 anni, si è detto di tutto: che nessuno sapesse della sua esistenza, che fosse stata la madre a tenerlo legato al letto, ma anche che la donna fosse ella stessa vittima di una situazione sociale e famigliare disastrosa. Dopo la rivelazione del medico che l'ha curato, Cosimo De Matteis, lo stesso paesino si è diviso in due, tra chi difende la madre del giovane, oggi 52 anni, e chi invece parla di caso insabbiato per anni. La vicenda ha avuto enorme eco mediatica e molti si sono chiesti se veramente nessuno sapesse di questo giovane relegato al letto che viveva in condizioni di estremo disagio o se qualcuno sapesse e non ha fatto nulla. LaC News24 ha cominciato a scavare per ricostruire la vicenda nel dettaglio ed ha scoperto come la situazione fosse invece nota a tutti, fin dal principio, e come una serie di circostanze abbia impedito negli anni a questa famiglia del profondo sud di risollevarsi dal baratro.

Storia vecchia

Innanzitutto, la storia ha origini remote. La perquisizione dei carabinieri a casa del giovane viene effettuata nell'aprile del 2020, e non due mesi fa, dopo una segnalazione. Una fonte parla di una possibile arma da sparo custodita in casa della mamma, che vive ormai sola dopo la separazione dal marito violento e alcolizzato. La perquisizione sull'arma dà esito negativo, ma i carabinieri scoprono che lì dentro, tra tetti di amianto e sporcizia, vive un disabile di 27 anni che con tutta probabilità viene costretto a letto per gran parte della giornata. Se ne accorgono quando trovano dei legacci all'altezza delle braccia incollati a un materasso, scena molto simile a quelle che si vedono nelle stanze delle torture. Nel verbale i carabinieri annotano che il ragazzo versa in uno stato di totale abbandono e che la madre non è in grado di gestirlo. Gli inquirenti sospettano anche maltrattamenti ripetuti, ma il giovane non può andarsene. Il trasferimento del ragazzo in una struttura sanitaria adeguata non può avvenire a causa dell'emergenza pandemica.

Nessuno sapeva?

Tutt'altro. Della vicenda del giovane legato al letto tutti sapevano in paese, anche perché la casa è nel cuore del centro storico e da lì passano tante persone, ogni giorno. Il ragazzo, tra l'altro, è solito affacciarsi alla finestra della sua stanza, al primo piano dello stabile, e chiunque attraversi il vicoletto lo nota. Lui non parla ma urla e si agita, tanto che i genitori, di recente, avevano fatto installare una barra di ferro, anche se a detta dei carabinieri è una protezione insufficiente.

Negli anni il ragazzo ha imparato solo a ripetere "come ti chiami?", la frase che tutti gli rivolgono con il naso all'insù, ma lui non sa rispondere. È affetto da un grave ritardo mentale e le mancate cure hanno certamente peggiorato le sue condizioni. Il fatto che tutti sapessero è riportato in un documento del 22 novembre 2017. L'allora sindaco del paese chiede l'intervento immediato dei servizi sociali e nello stesso giorno il marito della donna diventa destinatario della misura cautelare di allontanamento dalla casa famigliare per presunti maltrattamenti. La denuncia è partita proprio dalla moglie.

Il primo cittadino richiede per il giovane un posto in una struttura protetta per disabili, ma quando un anno e mezzo dopo i carabinieri effettuano la perquisizione, il giovane risulta ancora terzo in graduatoria. Nelle strutture calabresi per lui non c'è spazio. Nel frattempo il sindaco offre a madre e figlio, ormai rimasti soli, un altro alloggio ma la donna rifiuta senza dare spiegazioni. Intanto il figlio, a modo suo, continua a sognare la libertà che non ha mai avuto. Il 19 settembre 2019 alcuni cittadini segnalano che di recente il ragazzo è più agitato del solito e il sindaco chiede di nuovo l'intervento dei servizi sociali. Ma poi resta tutto così com'è fino alla fine del dicembre 2021, quando finalmente il ragazzo viene dapprima trasportato in una struttura a Bari, poi, 25 giorni dopo, trasferito in una clinica privata calabrese. È qui che avviene l'incontro con Cosimo De Matteis, il medico che, dopo averlo visitato ne ha reso pubblica la storia sollevando un vespaio di polemiche.

La drammatica relazione dei servizi sociali

Durante le indagini, gli inquirenti acquisiscono le testimonianze dei servizi sociali e il racconto del quadro famigliare è agghiacciante. La donna frequenta la scuola fino alla prima media e all'età di 19 anni le viene presentato un uomo, che ha esattamente il doppio dei suoi anni, già separato dalla prima moglie e con disturbi psichici acclarati. La coppia ha due figli. Il primo è un bambino sano che a 9 anni viene colto all'improvviso da una febbre altissima e da quel momento presenta disturbi neurologici. Il secondo figlio presenta invece problemi di crescita e sviluppo fin dalla nascita e la situazione famigliare non lo aiuta. Il ragazzo è ingestibile e a volte diventa pericoloso. Il fratello, di conseguenza, viene mandato in una struttura protetta. Il papà non lavora ed è violento, la madre si occupa del figlio come può e subisce l'ira del marito. "La casa - scrivono i servizi sociali - è di antica costruzione e si presenta fatiscente, priva di ogni comodità. Gli ambienti sono piccoli, gli arredi miseri, cadenti».

Le pareti sono erose dall'umidità, la cucina si trova al piano superiore e il tetto, basso, spiovente e di amianto, impedisce a chiunque di rimanere in posizione eretta. La casa non ha una lavatrice e non ha neppure un bagno. Il water è in un vano sottoscala, poco lontano da dove la famiglia consuma i pasti. L'impianto elettrico è obsoleto e infatti di recente un corto circuito ha fatto divampare l'incendio in una stanza. Il ragazzo è sempre chiuso in casa e non ha mai frequentato le scuole, così riferisce la madre, anche se ci sono diverse testimonianze che parlano di frequentazione fino all'età dell'obbligo. Fino a un certo punto della sua vita lo accompagna in paese a prendere una boccata d'aria, poi il figlio cresce fino e la forza fisica sviluppata lo rende ingestibile. Il ragazzo non comunica, non sa mangiare, non sa quando deve fare i suoi bisogni e rimane legato al letto per molte ore al giorno, forse anche quando la madre si allontana per sbrigare le faccende o fare la spesa, ma lei nega. Fatto sta che adesso il ragazzo, ricoverato in clinica, nasconde le mani sotto il cuscino per paura di essere legato ancora. La madre nega pure che il figlio vivesse in condizioni di forte disagio e che lo abbia mai maltrattato.

Come sta oggi il giovane

Oggi il ragazzo, come LaC News24 ha avuto modo di appurare, è accudito amorevolmente in una clinica calabrese e ben presto, dopo la fine del ricovero ordinario, sarà accolto in una struttura adeguata nella quale potrà affrontare la riabilitazione. La magistratura calabrese, invece, è al lavoro per verificare se in questa vicenda ci siano delle responsabilità penali, se qualcuno poteva fare e non ha fatto, se qualcuno si è approfittato della situazione di disagio e se per caso ci sono stati atti di violenza e maltrattamenti anche dopo l'addio del padre, allontanato dal tribunale. Ma di certo il ragazzo non tornerà mai più in quella casa.