Per i magistrati della Dda di Reggio Calabria Carmelo Trapani, detto il Tacchino, è un «collaboratore del capo cosca Domenico Araniti». Avrebbe presenziato «ai summit e alle riunioni operative» della ’ndrina di Sambatello, mantenuto rapporti con altri clan, si sarebbe attivato per eludere le indagini antimafia. Accuse pesanti, che il gip ha ritenuto consistenti: Trapani è in carcere dall’11 giugno, giorno in cui l’inchiesta Ducale ha acceso i fari sui presunti rapporti tra ’ndrangheta e politica in riva allo Stretto. Trapani e i suoi contatti con i Palazzi reggini riempiono le oltre 2.800 pagine dell’informativa depositata agli atti dell’indagine.

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Dal più importante di quei Palazzi, il 51enne è uscito in maniera rocambolesca, travolto da un’altra inchiesta: Erga Omnes, più nota come Rimborsopoli. Una storia di spese allegre da parte di alcuni consiglieri regionali e di qualche loro collaboratore. Di Trapani, in quell’indagine resta un video cult: con indosso una polo rosa riporta a Palazzo Campanella un televisore Grundig 32 pollici che si trovava a casa di Giovanni Bilardi, il consigliere regionale di cui era uomo di fiducia, autista, factotum. Il processo è in corso, i fatti risalgono a più di 10 anni fa e molte delle accuse sono già coperte dalla prescrizione. La Corte dei Conti invece ha condannato Bilardi, all’epoca capogruppo di Scopelliti presidente, al pagamento di 313mila euro: un salasso.

«Quello di Sambatello che sta girando per voi»

Scenari e candidati di riferimento cambiano ma Trapani resta vicino alla politica. Gli inquirenti acquisiscono il dato in un’intercettazione telefonica in cui Giuseppe Neri, consigliere regionale eletto in Fratelli d’Italia e indagato nell’inchiesta Ducale, durante un battibecco con il gruppo che sostiene l’allora candidato a Palazzo Campanella Domenico Creazzo, parla di «quello di Sambatello che sta girando per voi». Per i militari del Ros non ci sono dubbi: si riferisce a Trapani. I carabinieri annotano che «pur essendo (Trapani, ndr) pienamente inserito nella consorteria mafiosa degli Araniti, è strettamente legato all’ex senatore Giovanni Emanuele Bilardi per il quale aveva in passato lavorato, svolgendo mansioni di autista». Ai tempi in cui lavorava accanto a Bilardi, Trapani non era accusato di legami con la ’ndrangheta.

Il verbale del pentito Mario Chindemi riportato nell’informativa arriva, in effetti, a diversi anni dall’impiego di Trapani in consiglio regionale. Il 29 gennaio 2021, il collaboratore di giustizia lo indica come «vicino al senatore della… a un senatore di Roma di Alleanza nazionale, gli faceva l’autista». Qualche giorno dopo – il 5 febbraio 2021 – sempre Chindemi dice che «era il portaborse, l’autista di Giovanni Bilardi».

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La speranza di tornare in Consiglio regionale e gli arresti di Eyphemos

Il Tacchino si muove nella terra di mezzo: ha contatti con politici e presunti esponenti dei clan. Il suo legame con Bilardi sarebbe ancora vivo e, secondo gli investigatori «l’appoggio di Bilardi alla candidatura di Domenico Creazzo è strettamente connesso all’aspirazione di Trapani di poter rientrare negli uffici del Palazzo della Regione (il consiglio regionale, ndr), desiderata che lo condurrà a fare campagna elettorale in favore proprio di Mimmo Creazzo». Qui Ducale si interseca con un’altra inchiesta: Eyphemos, indagine che esplosa nel 2020 e che portò all’arresto di Creazzo, appena eletto consigliere regionale. Creazzo (non indagato nell'inchiesta Ducale) non ha mai preso posto tra gli scranni di Palazzo Campanella: nel 2023 è stato assolto al termine del processo di primo grado ma nei giorni in cui l’inchiesta fa tremare la politica il clima è tesissimo. Il più preoccupato è proprio Trapani: per lui l’arresto di Creazzo rappresenta «il crollo “dei progetti della mia vita di riprendere a lavorare”». «Ho scommesso la mia vita su questa cosa – dice a un avvocato – ti rendi conto che crollo è per me… sono morto, perché poi, al di là di tutto, moralmente a me mi ammazza questa cosa, io ho disturbato persone per bene per questa cosa».

Atteggiamento paradossale: Trapani, che per i pm è un uomo del clan Araniti, si lamenta del comportamento di Creazzo, che finirà per essere assolto dalle accuse di scambio elettorale politico-mafioso.

«Il dottore mi vuole bene? Grazie al c..., mi sono fatto la galera per lui!»

L’attivismo politico del presunto membro del clan non si limita al sostegno a Creazzo. Una parte dell’informativa si concentra sulle amministrative del 2020 a Reggio Calabria e sul lavoro politico di Daniel Barillà a favore di Giuseppe Sera, consigliere comunale poi eletto nelle file del Partito democratico. Barillà, genero del boss di Sambatello, è considerato dai magistrati antimafia il trait d’union tra ‘ndrangheta e politica. Un’accusa che il gip distrettuale ha ridimensionato. Nelle indagini dei carabinieri emerge il tentativo del gruppo Barillà-Sera di incassare i consensi di Bilardi. Avvicinamenti, incontri, trattative che sarebbero confermati da uno scambio di opinioni tra Barillà e il solito Carmelo Trapani che sarebbe «avvenuto alla vigilia dell’apertura dei seggi».

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Il genero di Araniti riferisce a Trapani «di aver incontrato “il dottore” e di essersi fatto, con questi, portavoce della stima e dell’affetto che Trapani nutriva verso di lui». 

Uno scambio di cortesie a distanza: il “dottore” fa sapere a Trapani che gli vuole bene. La risposta del “Tacchino” è istantanea: «Grazie al c…! Mi sono fatto la galera per lui». Per gli investigatori il riferimento è sempre all’inchiesta Erga Omnes, in cui Trapani è stato colpito – in prima battuta – da un obbligo di dimora. Questa conversazione, secondo i militari, permette di identificare il «“dottore” nella persona di Giovanni Bilardi».

Che nel 2020 ci sia ancora un rapporto tra Trapani e Bilardi risulta anche da una telefonata intercettata al termine delle operazioni di spoglio per le Comunali. I due si scambiano informazioni sui risultati del primo turno: è Bilardi a introdurre il discorso che riguarda Sera e spiega «che attualmente è quarto con un totale parziale di 990 voti».

La rabbia di Trapani contro Bilardi e Falcomatà: «Vi distruggo»

Quel rapporto si incrina dopo le Regionali del 2020: come abbiamo visto, l’arresto di Domenico Creazzo è una catastrofe per i progetti di Trapani che voleva tornare a frequentare Palazzo Campanella. La frattura con Bilardi avverrebbe, secondo quanto si legge nell’informativa, proprio dopo il blitz Eyphemos e diventerebbe «ancor più insanabile a seguito della scelta, operata da parte dell’ex senatore, di favorire una sua collaboratrice a discapito del disoccupato Trapani». Con Creazzo fuori dall’assemblea regionale, «l’ex capo» avrebbe raccomandato a un altro consigliere di Fratelli d’Italia una dipendente del Consiglio e non il suo vecchio uomo di fiducia. È una cocente delusione che pare allontanare Trapani dalla politica.

La sua “passione”, legata alla ricerca di un posto di lavoro, si trasforma in rabbia. Trapani ce l’ha con tutti: si lamenta «di non aver ricevuto alcun vantaggio in cambio della fedeltà dimostrata in ogni caso a Bilardi». E tira in ballo anche il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, colpevole di non aver fatto nulla per lui nonostante le «personali rassicurazioni» ricevute per una presunta assunzione da «portinaio». Con Falcomatà ci sarebbe stato anche uno scambio virtuale: «Mi ha scritto una cosa sopra internet – spiega Trapani a Francesco Araniti –. Gli ho detto io “mi devi fare un c… di favore, non mi scrivere più di politica che vi distruggo».

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L’atteggiamento di Trapani avrebbe scatenato la reazione di una persona molto legata a Bilardi (e non indagata) che lavorerebbe nello staff del sindaco. Questa persona avrebbe redarguito il presunto esponente del clan. Che, per tutta risposta, sfoga di nuovo la propria frustrazione contro l’ex datore di lavoro in consiglio regionale: «Lui per me non ha fatto un c…, ve lo dico in faccia, io so quello che mi sono accollato e quello che… perché non è quello che ci accusano, c’è pure il resto, avete capito?». Parole inquietanti, rabbiose e ovviamente tutte da riscontrare.

Regionali, Trapani rappresentante di lista per Fratelli d'Italia

Di sicuro, anche dopo le delusioni Trapani continua a gravitare attorno alla politica. Uno dei capitoli dell’informativa è riservato proprio al suo incarico come rappresentante di lista di Fratelli d’Italia. L’occasione riguarda un diverbio con Daniel Barillà, che all’epoca sosteneva il candidato (poi eletto) Giuseppe Neri. Nonostante “lavorasse” per Fdi «nella sezione 75 di Gallico», infatti, Trapani aveva attaccato Neri sui social. È l’entourage di Neri a contattare Barillà per fargli sottolineare l’intemperanza: «Parla male di Peppe Neri… e scrive sopra a Facebook… Intanto deve andare al seggio che hanno chiamato da Roma, il partito». Barillà contatta Trapani che nega. A quel punto dall’inner circle di Neri evidenziano lo scambio da cui si emerge, in effetti, un velato attacco al candidato di Fdi. Trapani corregge il post ma la lavata di testa di Barillà continua. Al che il “Tacchino” perde la pazienza: «Puoi andare a dirlo a chi c… vuoi», dice. Il politico risponde: «Cammino solo io». E Trapani: «Non cammini solo – gli dice – perché se camminavi solo non parlavamo… non mi sei diventato uomo di notte pure». Trapani parlerà della cosa con il boss Domenico Araniti: spiegherà al Duca di Sambatello «che Daniel Barillà si era comportato male nei suoi confronti». E che lui lo aveva liquidato con la chiosa «allora vuol dire che ti hanno fatto uomo di notte e non lo sapeva nessuno». Per gli investigatori l’espressione «uomo» sarebbe intesa «nell’accezione criminale» del termine. La politica dà, la politica toglie. E Trapani, da “appassionato”, perde spesso la pazienza.