La parola magica, secondo la Dda di Catanzaro, è "confederazione". Tutto gira intorno all'accordo tra i due clan - "zingari" e italiani - discusso nel 2006, messo a punto e attuato nel 2011, e perdurante fino al 2022. Questa è la storia recente della 'ndrangheta di Cosenza.

Nel corso di questi anni, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha ripercorso le dinamiche mafiose attraverso varie indagini. Tra queste ricordiamo: Terminator, Vulpes, Nuova Famiglia, Job Center, Apocalisse, Overture, Testa di Serpente, Valle dell'Esaro, Reset e in ultimo Recovery. Queste inchieste, secondo i pubblici ministeri antimafia, raccontano le attività illecite delle cosche operanti tra Cosenza, Rende e comuni limitrofi. Una dietro l'altra. Per consentire agli imprenditori di non essere costantemente sotto ricatto per pagare il "pizzo" e per reprimere con forza il traffico di droga. Senza dimenticare i presunti patti corruttivi tra il mondo della politica e la 'ndrangheta. Insomma, c'è tanta carne al fuoco.

Le principali attività illecite

I gruppi criminali della confederazione si dedicano a numerose attività illecite. Tra queste spiccano:

  • Narcotraffico: Il traffico di sostanze stupefacenti rappresenta una delle principali fonti di reddito per la presunta confederazione. Le intercettazioni e le operazioni di sequestro avrebbero evidenziato un'attività intensa e ben organizzata in questo settore.
  • Usura, estorsione ed intestazioni fittizie di beni: La confederazione utilizza metodi intimidatori per estorcere denaro e beni alle vittime. Gli usurai operano sotto la protezione dei clan, garantendo così l'impunità e la continuità delle loro attività. Senza dimenticare le intestazioni fittizie di beni.
  • Gioco d'azzardo illecito e recupero crediti: Le sale da gioco e le scommesse illegali costituiscono un'altra fonte significativa di guadagno. Il controllo di queste attività permette ai clan di riciclare denaro e finanziare altre operazioni criminali. Infine, il recupero crediti con modalità prettamente criminali.

I collaboratori di giustizia

Le indagini del passato e quelle recenti si sono basate non solo sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Questi avrebbero fornito dettagli preziosi sull'organizzazione e le dinamiche interne della presunta confederazione di 'ndrangheta a Cosenza. Anche se in alcuni periodi la situazione non è stata delle migliori. I collaboratori più "esperti", come Franco Bruzzese, Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna, hanno fornito una visione unitaria delle cosche, sebbene l'autore dell'omicidio di Luca Bruni, ha spiegato che a un certo punto i proventi illeciti non venivano versati sempre nella "bacinella".

Reset

L'operazione "Reset" ha segnato un punto di svolta nella lotta contro la ‘ndrangheta a Cosenza. Le indagini hanno portato all'arresto di numerosi membri dei clan, tra cui Francesco Patitucci e Roberto Porcaro, considerati i leader della presunta confederazione al pari di Mario "Renato" Piromallo, Michele Di Puppo, Salvatore Ariello, Adolfo D'Ambrosio, Luigi Abbruzzese, Marco Abbruzzese, Antonio Abruzzese "Strusciatappine" e tanti altri.

Un passo indietro, la nascita della presunta confederazione

La nascita della sospetta confederazione è il risultato di una lunga serie di conflitti tra diversi gruppi criminali cosentini. Il collaboratore di giustizia Ernesto Foggetti descrive la tensione che si era creata dopo l'omicidio del padre di Michele Bruni nel 1999, dividendo l'area criminale cosentina in due fazioni: i Bruni, alleati con gli "zingari", e gli "italiani", con i gruppi di Lanzino e Cicero Domenico. La tensione era alimentata anche dall'omicidio di Francesco Bruni, ordinato dagli "italiani".

Nel corso dei primi anni 2000, la guerra tra le fazioni raggiunse il suo culmine. La svolta arriva nel 2006, con una riunione a casa di Gianfranco Bruni, "u tupinaru", che vede la partecipazione di Francesco PatitucciGianluca MarsicoMichele BruniMaurizio Rango e Tonino Abbruzzese, "banana". La riunione sancisce una "pax" tra i gruppi, portando alla nascita di una sorta di "federazione" che regola le attività illecite, come lo spaccio di droga, le estorsioni e l'usura. Un elemento chiave di questa confederazione è la creazione di una "bacinella comune", in cui confluiscono i proventi di tutte le attività illecite.

Il sistema di potere e la "bacinella comune"

La "bacinella comune" sarebbe il fulcro del sistema confederativo, la quale garantisce la divisione dei proventi tra i due gruppi principali: gli "italiani" e gli "zingari". Celestino Abbruzzese, detto "Micetto", definisce questo sistema come un «accordo tra organizzazioni, come se fosse un’unica associazione dedita al narcotraffico, per evitare di entrare in lite tra organizzazioni diverse». La divisione dei proventi è ben definita: il 60% va agli "italiani", con a capo Francesco Patitucci, mentre il 40% va agli "zingari", guidati da Luigi Abbruzzese. Il denaro viene utilizzato per il mantenimento dei sodali detenuti, il pagamento delle spese legali e degli "stipendi" per i sodali liberi, oltre che per finanziare le attività illecite.

I ruoli e le specializzazioni della 'ndrangheta di Cosenza

All'interno della presunta confederazione, ogni gruppo avrebbe un ruolo specifico e si specializzerebbe in determinate attività. Franco Bruzzese ha parlato dell'accordo tra gli "zingari" e gli "italiani", suggellato nel novembre del 2011, che prevederebbe inizialmente una divisione al 50%. Successivamente, su richiesta di Ettore Lanzino, la quota degli "italiani" sarebbe stata aumentata al 60% a causa del loro numero maggiore.

Silvio Gioia ha specificato che la "bacinella" sarebbe stata gestita da Mario "Renato" Piromallo, il quale si sarebbe occupato del pagamento degli stipendi, delle spese legali e dei carcerati. Daniele Lamanna ha fatto riferimento a un summit in cui si sarebbe deciso che Patitucci rappresentasse i latitanti Presta e Lanzino, gestendo le estorsioni insieme a Michele BruniUmberto Di Puppo sarebbe stato in quel periodo responsabile della vendita di droga a Rende, mentre Lamanna e Piromallo si sarebbero occupati della provincia di Cosenza.

'Ndrangheta Cosenza, l'estensione del dominio

L'influenza della federazione non si sarebbe limitata a Cosenza. Giuseppe Montemurro ha spiegato che il dominio si estendeva anche alla costa tirrenica, dove il gruppo sarebbe stato legato ai Muto e quindi a Luigi MutoTonino Mandaliti e Alfredo Palermo.

Le estorsioni e il controllo dello spaccio

Alberto Novello ha fatto riferimento al sistema di controllo dello spaccio a Cosenza, dove la droga deve essere acquistata da persone "grandi" all'interno del circuito criminale. Gli acquisti "sottobanco" prevedono il pagamento di una quota alla "bacinella". Giuseppe Zaffonte ha utilizzato gli stessi termini, "sistema" e "sottobanco", per definire l'organizzazione che controlla lo spaccio a Cosenza.

La presunta confederazione si sarebbe occupata anche delle estorsioni. Zaffonte ha elencato i gruppi che gestivano le estorsioni a Cosenza, tra cui Roberto PorcaroMario Piromallo detto "Renato", Marco D'AlessandroMichele Di Puppo e Francesco Costantino De Luca per gli "italiani", e i "Banana" per gli "zingari".

L'affiliazione degli "zingari" e la commissione

Roberto Presta, membro del presunto "sotto-gruppo Presta", ha raccontato l'affiliazione degli "zingari" alla 'ndrangheta. La decisione di conferire le doti ai gruppi "zingari" di Cosenza e Cassano allo Ionio viene presa nel carcere di Cosenza nel 1999-2001. Il consenso fu dato, secondo il pentito, da Franco Presta ed Ettore Lanzino.

Presta ha parlato anche della commissione, costituita a suo dire dai referenti di tutte le province calabresi. Per Cosenza, ne avrebbero fatto parte Gianfranco RuàEttore LanzinoFranco PrestaFrancesco PatitucciRenato PiromalloGigino Muto e Santo Carelli. La commissione si sarebbe per discutere e definire strategie criminali, anche in ambito politico.