Il pentito Greco svela i canali di rifornimento dei clan e racconta come gli spacciatori più abili del suo gruppo vendessero in media 200 grammi di cocaina e dieci chili di fumo al mese
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Un canale aperto a Rosarno e uno a San Luca. Un fornitore a Marano di Napoli e un altro a Reggio Calabria, ma senza tralasciare Amantea e Crotone. Proviene da questi centri parte della droga - soprattutto hashish e cocaina - che negli ultimi anni si è riversata sulla città di Cosenza e sul suo hinterland. È solo un quadro parziale giacché, quelli appena descritti, sarebbero i canali utilizzati solo da uno dei numerosi narcos cosentini immortalati dall'inchiesta "Recovery", ovvero Roberto Porcaro.
A svelare questi e altri segreti, è stato Francesco "Checco" Greco, diventato collaboratore di giustizia a seguito dell'operazione "Reset" dopo essere stato, per tanto tempo, fidatissimo assistente del viceboss proprio in materia di droga. Era lui a ritirare gran parte dei carichi di stupefacenti per conto del suo capo e, dopo averli portati a destinazione, si occupava dello stoccaggio e della successiva consegna agli spacciatori. Un ruolo strategico e operativo, dunque, che gli ha consentito di seguire un po' tutte le fasi dell'attività illecita da posizione più che privilegiata.
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Dalle sue mani sarebbero passate quantità monstre di droga. Un chilo di cocaina e ben venti di hashish sostiene di averli prelevati, in un'unica soluzione, nel 2016 ad Amantea, dai fratelli Suriano. Costo dell'operazione: centomila euro. Guadagni previsti per l'organizzazione: almeno sei o sette volte tanto. Si trattava di droga di origine controllata dal "Sistema". Segni convenzionali apposti sui panetti, quali teste di leone o marchi di noti profumi e case di moda, valevano da sigillo e da indice di tracciabilità. Fra i compiti di Greco c'era anche quello di controllare che le "griffe" fossero tutte in ordine.
Dicevamo: un giro che, negli anni, dovrebbe aver determinato incassi astronomici per le cosche della presunta confederazione cosentina e per coloro i quali erano coinvolti nell'affare. Ai magistrati, infatti, "Checco" ha offerto anche le cifre precise della filiera illecita, dal produttore al consumatore. A suo dire, Porcaro acquistava la cocaina a trentotto euro al grammo, la cedeva ai clan "satelliti" per cinquantacinque euro, gli spacciatori la rilevano al prezzo di settanta e la polvere bianca veniva poi smerciata ai clienti che, per assicurarsene un grammo, sborsavano ben cento euro. Un dato statistico a margine: un pusher particolarmente abile, secondo Greco, arrivava a spacciare mensilmente duecento grammi di cocaina e ben dieci chili di fumo.
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Le sue abilità criminali, però, il pentito sostiene di non averle messe a disposizione solo di Roberto Porcaro. Nel periodo in cui quest'ultimo era detenuto, infatti, Greco si sarebbe spostato al seguito di Mario "Renato" Piromallo e per conto suo, avrebbe portato a termine l'acquisto di trenta chili di hashish in quel di Bari. All'epoca, però, i rapporti tra i due gerarchi cominciavano a essere tesi e così, dal carcere, Porcaro gli avrebbe ordinato di stoppare ogni altra collaborazione.