È stato perfezionato in queste ore il rimpatrio di Valerio Salvatore Crivello, quarantacinquenne originario di Casale Monferrato ma paolano d’adozione. L’uomo è tornato in Italia proveniente dalla Germania per scontare l’ergastolo a seguito della sua condanna per un omicidio di mafia commesso proprio nella città di San Francesco, in provincia di Cosenza. Era stato arrestato lo scorso 3 settembre nello stato dello Schleswig-Holstein, al confine con la Danimarca, dopo tre anni di latitanza. 

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In seguito, la procedura per la sua estradizione si è rivelata più complicata del solito. Non a caso, i giudici tedeschi - messi sul chi va là dai report provenienti dal nostro Paese su sovraffollamento carcerario e regimi di detenzione speciali come il 41 bis - avevano chiesto alle autorità italiane garanzie sul fatto che la sua detenzione in patria non si sarebbe svolta in condizioni per lui «inumane e degradanti». 

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Per vederci ancora più chiaro, avevano approntato un vero e proprio “questionario” a cui la Procura generale di Catanzaro ha poi replicato con risposte ritenute troppo «vaghe e generiche». Al secondo tentativo, però, il Tribunale teutonico ha ottenuto le rassicurazioni che cercava. Le autorità, infatti, ha individuato nel carcere di Sulmona (Aq) il luogo più adatto per alloggiare l’ex latitante. Il risultato è che nelle scorse ore, Crivello ha lasciato il penitenziario di Lubecca e, decollando da Amburgo, ha raggiunto la Madre patria con destinazione finale l’Abbruzzo. 

L’uomo, noto con il soprannome de “Il Palermitano”, era legato alla cosca Scofano-Martello-La Rosa di Paola (Cs) per conto della quale avrebbe preso parte all’agguato costato la vita a Pietro Serpa, il 27 maggio del 2003. Diciassette anni dopo, arriva la sua condanna definitiva all’ergastolo nell’ambito del processo “Tela del ragno”. 

A quel tempo, Crivello è a casa dei genitori, nella località veneta di Scorzé (Ve), agli arresti domiciliari. Appena apprende di dover rientrare in cella per non uscirne mai più, sega il braccialetto elettronico che porta alla caviglia e inaugura la sua breve ma intensa stagione di invisibilità. Si era ricostruito una vita ed una reputazione da personal trainer in un noto resort dell'isola di Sylt, utilizzando documenti contraffatti e false generalità, ma quattro mesi fa la sua fuga è stata interrotta dalla Bundespolizei. 

Nonostante l’ergastolo definitivo, ha ancora una carta da giocare. Il suo difensore, l’avvocato Alessandra Adamo, si appresta infatti a presentare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo sul presupposto che, all’epoca, la sua condanna sia arrivata al termine di un processo per lui «ingiusto». Fino a oggi la procedura per avviare questo iter, era stata bloccata dalla latitanza del diretto interessato. Ora, invece, potrà essere avviata.