L’articolo 673 del codice di procedura penale recita così: «Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. Allo stesso modo provvede quando è stata emessa sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere per estinzione del reato o per mancanza di imputabilità». In parole povere, tutte le condanne per abuso d’ufficio saranno cancellate dal primo giudice di merito che ha inflitto la condanna. 

Se la sentenza è stata riformulata in appello, toccherà alle Corti d’Appello. Procedura prevista dall’articolo 665 cpp. Ciò significa che nei prossimi mesi gli imputati condannati per l’ex art. 323 del codice penale dovranno presentare richiesta, tramite i rispettivi avvocati, ai giudici di competenza, affinché nel casellario giudiziale non compaia più la precedente condanna.

Ma questa è soltanto una minima parte degli effetti a seguito dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio.

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Abuso d'ufficio, cosa accade ai processi in corso 

L’altra parte riguarda i procedimenti in corso. Sebbene negli ultimi mesi, quando le intenzioni della maggioranza di Governo erano state esplicitate da più parti, compreso il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, l’orientamento delle procure è stato quello di richiedere l’archiviazione dove non sussisteva l’ipotesi accusatoria e anche dove c’era un minimo di gravità indiziaria, la maggior parte dei processi ancora in corso verranno decimati dalla decisione del Parlamento. Ad esempio, nel Distretto Giudiziario di Catanzaro, i processi che saranno depotenziati rispetto all’iniziale impianto accusatorio sono senza dubbio “Glicine-Acheronte”, dove l’abuso d’ufficio era tra i reati fine contestati alla sospetta organizzazione criminale messa in piedi da politici, imprenditori e dirigenti, "Lande Desolate", nella parte in cui si parla della realizzazione dell’impianto sciistico di Lorica, “Falsi precari Asp di Cosenza”, nella contestazione residuale a carico degli ex direttori generali e dei dirigenti, “Sistema Cosenza”, l’altra inchiesta sull’Asp di Cosenza, nell’ambito di nomine contestate, ad esempio, all’ex dg Raffaele Mauro, e “Coopservice”, l’indagine della procura di Cosenza contro una cooperativa emiliana accusata di aver falsificato le ore di lavoro in danno dell’Azienda ospedaliera di Cosenza. In questo caso, i giudici dovranno stralciare le singole posizioni, emettendo contestualmente una sentenza di non doversi procedere con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”.

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Il caso Scopelliti e non solo

Tornando al discorso delle condanne da cancellare, ricordiamo che l’ex sindaco di Reggio Calabria, nonché presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, è stato tra i pochi in Italia ad andare in carcere per il reato di abuso d’ufficio. Al politico di centrodestra, tuttavia, veniva contestato anche il reato di falso. In Italia, invece, tra i casi più eclatanti c’è quello dell’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti mentre in ambito locale si ricorderà il procedimento penale contro gli ex amministratori di Aprigliano che solo in Cassazione avevano ottenuto una pronuncia assolutoria senza rinvio perché il fatto non costituiva reato.

Abuso d'ufficio, la posizione dell’Anm

Per l’Anm, la cancellazione del reato di abuso d’ufficio è un regalo ai “colletti bianchi”. Il presidente Giuseppe Santalucia ha parlato di “amnistia”, facendo riferimento all’articolo 673 del codice di procedura penale. «L'abrogazione di una norma incriminatrice crea inevitabilmente un vuoto e determina una situazione di impunità”, ha detto ad “Avvenire” il magistrato in servizio presso la Corte di Cassazione. «Più che rassegnato, il tono pare quello di chi ha maturato, a quarantotto ore dal voto della Camera, l'amara consapevolezza del fatto che ormai, con l'approvazione definitiva del disegno di legge Nordio, la controversa cancellazione del reato di abuso d'ufficio sia divenuta realtà. La norma da oggi non c'è più. Ma c'erano le condanne passate in giudicato, che in un prossimo futuro saranno presumibilmente revocate, dopo le richieste dei condannati al giudice».

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Per Santalucia, a fronte di circa 4mila condanne in Italia, si tratta di un «“colpo di spugna", definiamola una mini-amnistia chirurgica per i colletti bianchi. Nei fatti, agirà come un provvedimento di clemenza. Cosa peraltro paradossale, in un Paese in cui - perfino adesso che le carceri scoppiano di nuovo - indulto e amnistia sono sempre stati un tema tabù, arduo anche solo da menzionare».

Secondo il capo dell’associazione italiana magistrati «c'è un problema di compatibilità con gli obblighi internazionali. E la prova provata l'abbiamo avuta giorni fa, sempre col decreto legge sulle carceri, visto che l'esecutivo ha reintrodotto una fattispecie penale legata all'abuso d'ufficio, il peculato per distrazione, cancellata nel 1990».

Santalucia ha precisato che non è sua intenzione far indignare iI Guardasigilli. «Ribadisco che, se un pubblico ufficiale commette un abuso, non è da escludere che quel comportamento sia connesso a qualcosa di più grave (un passaggio di denaro, una tangente, ad esempio) suggerendo l'opportunità di approfondimenti. Pertanto, non è una “aberrazione” parlare di "reato spia': O meglio - conclude Santalucia - non lo era, visto che, dopo la cancellazione della fattispecie dal codice penale, quel faro non potrà più accendersi». A proposito di obblighi internazionali, i problemi paventati da Santalucia potrebbero sorgere una volta che l’Unione Europea approverà la Direttiva del maggio 2023 nella lotta alla corruzione. Ma l’introduzione del peculato per distrazione potrebbe “salvare” l’abolizione del reato.

E ora?

L’abuso d’ufficio è sempre stato considerato dai magistrati come un “reato spia”. Ma c’è anche da dire che la mancata connessione tra questo reato e altri, ha fatto nascere dispute giurisprudenziali che hanno portato, ad esempio, la Cassazione a fare chiarezza sulle intercettazioni nell’ormai famosa “sentenza Cavallo”. Ai magistrati requirenti non resta dunque che battere sul reato di corruzione, sempre che vi sia una “promessa” o che gli investigatori trovino la dazione di denaro data al corrotto da parte del corruttore. Senza dimenticare che il prossimo passo legislativo potrebbe essere quello di abrogare anche il reato di traffico d’influenze illecite.