VIDEO | A confermare il preoccupante trend è il responsabile del Sert che mette in guardia anche dagli abusi favoriti dalla pandemia: «Anche i social possono diventare una tossicodipendenza»
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Che il consumo di droga sia in aumento tra i giovani, a Crotone, è ormai un dato di fatto. Nel luglio scorso, quando la polizia sequestrò il più elevato quantitativo di marijuana degli ultimi anni, dalla questura venne lanciato l’allarme: quella sostanza stupefacente era molto probabilmente destinata alla movida giovanile. A confermare il preoccupante fenomeno, anche il dottor Giuseppe Palucci, responsabile del Servizio per le dipendenze dell'Asp di Crotone: «Che ci sia un boom di queste sostanze tra i giovani è vero, ne abbiamo contezza, anche perché a noi poi arrivano le segnalazioni di forze dell’ordine e Prefettura, anche se non abbiamo dati disponibili». Palucci tiene, poi, sottolineare che «in questo caso non parliamo di tossicodipendenza: perché ci sia dipendenza da una sostanza, c’è bisogno di un uso continuato e costante. Molto spesso, i giovani fanno un uso discontinuo delle sostanze, magari nei fine settimana, ma questo può sicuramente favorire l’insorgenza di una dipendenza».
Lockdown e dipendenze
Più in generale, il lockdown, poi, ha peggiorato la situazione: non potendo accedere agli abituali luoghi di spaccio, gli spacciatori hanno cercato altri canali di rifornimento delle sostanza stupefacenti, affidandosi ad esempio alla consegna a domicilio. «Per quanto riguarda le dipendenze cosiddette legali, come quelle da alcool, c’è stato un boom delle ordinazioni via internet e delle consegne tramite corriere. Stare chiusi dentro casa ha favorito l’aumento dell’uso di sostanze legali, come gli alcolici appunto, ma anche illegali come l’eroina, la cocaina e i cannabinoidi, anche nelle fasce d’età più giovani» aggiunge Palucci.
Nuove dipendenze
Ma ci sono anche nuove dipendenze che si stanno diffondendo, legate all’uso delle nuove tecnologie e favorite, negli ultimi tempi, anche dalle restrizioni anti-Covid che hanno limitato fortemente spostamenti e contatti interpersonali: «Purtroppo - spiega il medico - non se ne ha nemmeno contezza da parte di chi ne soffre, perché viene considerata una normale attività quella di stare molto tempo collegati con lo smartphone e sui social. Nei giovani, questo ha comportato un calo nel rendimento scolastico: stavano più tempo collegati sui social che per la Dad».
Non solo: stare molto tempo in casa, ha favorito le attività del gioco online, ma con effetti diversi a seconda delle fasce d’età e dell’abilità di utilizzare i nuovi dispositivi informatici e tecnologici: «Le persone oltre i 60 anni, con i punti di gioco fisici chiusi e meno abituate a usare smartphone e computer, hanno avuto meno possibilità di accedere alle varie piattaforme, mentre le fasce più giovani avevano più possibilità di collegarsi, ma allo stesso tempo meno soldi a disposizione per giocare, rispetto agli adulti che lavorano o che hanno una pensione».
Dipendenza difficile da ammettere
Abitudini sbagliate, insomma, che in molti casi «si sono già trasformate in dipendenze. Abbiamo ereditato dal lockdown anche queste problematiche, sebbene chi ne soffre difficilmente lo ammette. Magari parlano di vizio o semplice abitudine, non di dipendenza. E anche quando viene individuata la patologia, stentano ad arrivare da noi perché temono lo stigma, di essere giudicati. Qui trattiamo anche chi ha la dipendenza da sostanze e quindi magari non vogliono essere accumunate a loro».
Nel tempo, anche gli utenti del Sert di Crotone sono cambiati: «Non c’è più un utente tipo. Una volta, fino a 10-15 anni avevamo gli eroinomani. Erano persone ben identificate. Oggi, con la diffusione delle altre sostanze, soprattutto la cocaina e l’alcol, parliamo di poli-tossicodipendente, ovvero una persona che dipende da più sostanze. Questo crea notevoli difficoltà, anche nel trattamento».
Terapia e trattamento
E a proposito di trattamento: «Ogni sostanza, ha il suo. Abbiamo una grande scelta di farmaci contro l’eroina o l’alcol, meno per cocaina e cannabinoidi, ma riusciamo comunque a dare risposte efficaci. Oltre all’aspetto farmacologico, poi, c’è l’aspetto psicologico. Noi per tanti mesi siamo stati senza psicologo, ora ce l’abbiamo e sta facendo un grande lavoro con l’utenza. Poi ci sono gli assistenti sociali, gli infermieri: ognuno svolge il suo ruolo con competenza anche per far sì che chi viene da noi si senta accolto. Esistono anche dei protocolli per le dipendenze senza sostanza, come quella per il gioco d’azzardo, e in questo caso abbiamo un rapporto con il Csm, il servizio di igiene mentale territoriale. Proprio su questo tema, stiamo portando avanti un progetto di prevenzione, diagnosi e terapia del gioco d’azzardo, insieme alle comunità terapeutiche che insistono sul nostro territorio. Sta partendo, ad esempio, un’esperienza con alcuni utenti di auto mutuo aiuto, che può dare delle risposte sia per la dipendenza del gioco d’azzardo che per altre dipendenze».