È la testimonianza di Girolamo Bruzzese, ex braccio destro del mammasantissima Teodoro Crea divenuto collaboratore di giustizia. Nel processo ‘Ndrangheta stragista ricostruisce il presunto summit nella città del porto: «Dissi subito di questa cosa, ma in caserma capì che non era il luogo adatto per parlarne»
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«Ho collocato l’incontro tra Craxi, Berlusconi e Piromalli qualche mese dopo l’omicidio di Aldo Moro. Era inverno e c’era la raccolta delle arance. Quel posto in campagna non si poteva raggiungere con le macchine. Io li ho visti arrivare a piedi, non c’erano strade. Si doveva passare attraverso l’agrumeto. Era il 1978». Girolamo Bruzzese, l’ex braccio destro del mammasantissima di Rizziconi Teodoro Crea, da quasi venti anni collaboratore di giustizia, ne è certo: nell’inverno del 1978, nel pieno degli anni di piombo, l’allora segretario del Partito Socialista e il futuro Premier Silvio Berlusconi sarebbero intervenuti ad un summit con Pino Piromalli.
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Un summit nascosto tra gli aranceti della Piana, in uno dei covi dove il padre dello stesso Bruzzese aveva trascorso parte della propria latitanza. Un summit a cui il pentito non avrebbe però partecipato su disposizione del boss Piromalli che lo fece riaccompagnare a casa da un suo uomo.
Incalzato dal controesame dell’avvocato Guido Contestabile – difensore di Rocco Santo Filippone, condannato in primo grado all’ergastolo assieme al boss di Brancaccio Giuseppe Graviano nell’ambito del processo ‘ndrangheta stragista per la morte dei due carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo – Bruzzese spiega le contraddizioni temporali rispetto ad un suo precedente verbale di dichiarazioni del febbraio del 2004.
Gli audio della testimonianza in aula di Bruzzese sono stati fatti ascoltare nella quarta puntata di Mammasantissima – Processo alla ‘ndrangheta.
In quell’occasione, pochi giorni dopo che il collaboratore di giustizia ha iniziato a mettere nero su bianco le sue dichiarazioni, Bruzzese aveva collocato il presunto incontro un paio di anni prima, nel 1975, 1976. Sottolineando che all’epoca aveva 12, 13 anni. Una contraddizione da cui Bruzzese si è difeso richiamando lo stress di quei giorni. «Quando rilasciai quelle dichiarazioni avevano da pochi giorni ammazzato mio suocero, non so se rendo l’idea… mi sono sbagliato quella volta. Era il 1978, sono sicuro, sei mesi dopo l’omicidio di Aldo Moro».
Ascolta l'audio del pentito Bruzzese
Per anni pezzo da ’90 della Locale di Rizziconi, Girolamo Bruzzese decide di fare il salto della quaglia e collaborare con gli inquirenti dopo avere sparato in testa al boss “Toro” Crea, di cui era il braccio destro. Siamo nel 2003 e, certo di avere ammazzato il suo capo – che sopravviverà comunque all’agguato – Bruzzese si presenta ai carabinieri deciso a vuotare il sacco. Molte delle sue dichiarazioni sono finite in processi fondamentali nella lotta al crimine organizzato del mandamento tirrenico.
Nel corso di una delle ultime udienze per il processo d’Appello alla presunta alleanza tra ‘Ndrangheta calabrese e Cosa Nostra siciliana nell’ottica dell’attacco allo Stato deciso da Riina dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, Bruzzese è tornato sulle prime fase della sua collaborazione, rimarcando il comportamento di un inquirente che lo avrebbe convinto a “riservare” certi argomenti ad altre sedi, evitando la caserma dei carabinieri di Taurianova dove in quel momento si stava svolgendo l’interrogatorio.
«Stavo sottolineando lo spessore criminale della famiglia Alvaro e della famiglia Crea. Avevo iniziato a parlare dei Crea, dei Piromalli, degli Alvaro e di Craxi – dice in aula il collaboratore – perché di Craxi io ho parlato subito che c’era lui. In quel frangente il dottore D’Onofrio che era alle mie spalle disse alzando la voce “lei rappresenta la famiglia Bruzzese. E chi è Bruzzese? Non è un criminale peggiore di loro?”. A quel punto ho capito che quello non era il posto giusto in cui si poteva parlare di certi argomenti».