All’alba di questa mattina si è conclusa un’articolata attività d’indagine coordinata dalla procura antimafia di Trento e condotta dalla polizia di Stato che portato all’esecuzione di venti ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettanti soggetti, ritenuti a vario titolo associati alla ‘ndrangheta e gravemente indiziati dei reati di associazione mafiosa, estorsione, sequestro di persona, illecita vendita di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, bancarotta fraudolenta, contraffazione di documenti e favoreggiamento.

 

Le indagini, condotte dalla squadra mobile di Trento e dal Servizio centrale operativo, sono state avviate nell’estate del 2018, in seguito ad alcune dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che ha asserito di essere a conoscenza dell’esistenza di un “locale” di ‘ndrangheta da anni attivo a Bolzano. Le attività investigative hanno confermato le asserzioni del collaboratore, aggiungendo ulteriori dettagli che hanno permesso di disvelare l’esistenza, risalendo indietro fino agli anni novanta, di una “locale” di ndrangheta operante nel territorio del Trentino Alto Adige, in particolare nella provincia di Bolzano, con modalità tipiche dei consociati calabresi. Emanazione, seppur con ampi margini di autonomia, della 'ndrina Italiano-Papalia di Delinauova, in provincia di Reggio Calabria.

 

Il gruppo criminale disarticolato nella giornata odierna, si è avvalso, anche al di fuori del territorio calabrese, della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo, segnatamente rappresentato dall’appartenenza all’associazione criminale denominata ‘ndrangheta, ovvero caratterizzato dal rispetto di regole condivise e dal senso di comune appartenenza ad un corpus più ampio facente capo al crimine di Polsi. Nel corso degli anni si è consolidato in Trentino Alto Adige, compiendo una vera e propria scalata criminale, scalzando la criminalità locale nella gestione del traffico di droga, divenendo il punto di riferimento per l’approvvigionamento della sostanza stupefacente in Trentino Alto Adige. Nel corso delle indagini in più d’una occasione gli indagati hanno fatto riferimento a contatti con i cartelli colombiani per la fornitura di cocaina. Inoltre, sono stati sequestrati diversi carichi di sostanza stupefacente proveniente dalla Calabria e diretti a Bolzano; uno di quest’ultimi sequestrato anche a Trento prima che potesse raggiungere l’Alto Adige.

 

Secondo gli inquirenti sono due i soggetti a capo della 'ndrina impiantatasi a Bolzano: Francesco Perre, oggi residente a Platì ma negli anni '90 ritenuto di fatto il fondatore del nucleo altoatesino dopo essersi trasferito da Volpiano, e Mario Sergi, 60 anni, residente a Bolzano, titolare di un'impresa edile oggi in fallimento, e ritenuto oggi il vero capo dell'organizzazione locale. Quest'ultimo, ritengono gli inquirenti, avrebbe ereditato direttamente da Perre il ruolo di capo. Sempre secondo le risultanze investigative, un ruolo centrale lo avrebbe avuto anche il bar gestito ufficialmente dalla compagna di Sergi, il Coffee Break di via Resia, oggi posto sotto sequestro: un luogo - secondo l'accusa - ritenuto il fulcro dei vari traffici e dove si decidevano strategie e azioni illecite.

 

Le indagini della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Trento, hanno permesso di mettere in evidenza come la compagine ndraghetista altoatesina, una volta divenuta egemone nella gestione delle piazze di spaccio, abbia stretto alleanze con la criminalità locale e del Triveneto, utilizzata per lo smercio della droga nonché per l’approvvigionamento di armi. Tra gli arrestati, indiziati di concorso esterno in associazione mafiosa, vi sono anche due soggetti originari di Bolzano, rispettivamente di 32 e 45 anni, così come di Padova e Treviso, raggiunti anch’essi dalla custodia cautelare in carcere questa notte. Inoltre, è stato accertato come la locale di 'ndrangheta di Bolzano avesse anche contatti, per finalità illecite, con soggetti rom, al punto tale di farli figurare quali lavoranti in una ditta di costruzioniper garantirgli i benefici alternativi alla detenzione.

 

La pervicacia, ed allo stesso tempo la pericolosità, del gruppo criminale calabrese stanziatosi in Trentino Alto Adige si è rivelata non soltanto nell’ambito di attività strettamente criminali. Ma anche con una intensa infiltrazione nel tessuto economico altoatesino, in particolare nel settore edile e della ristorazione. Al vertice della locale altoatesina è stato individuato un sessantenne originario di Delianuova ma da molti anni residente a Bolzano, titolare di una ditta di costruzioni, e fittiziamente di un bar, utilizzato per gli incontri tra gli esponenti della stessa locale. A quest’ultimo, in aggiunta ad una serie di reati tra cui l’associazione mafiosa, il traffico di droga e la detenzione illegale di armi, è stato contestato il reato di bancarotta fraudolenta. Perché si è appropriato indebitamente del denaro di una ditta di costruzioni, di cui era amministratore, dichiarata fallita dal Tribunale di Bolzano, e pertanto sottoposta a procedura concorsuale tale da garantire i creditori, impedendo che quest’ultimi vedessero soddisfatti gli importi richiesti. Allo stesso modo tra i compartecipi dell’associazione mafiosa individuata a Bolzano sono risultati due fratelli calabresi, rispettivamente di 65 e 57 anni, da anni residenti in Trentino Alto Adige e titolari di bar e pizzeria nel capoluogo altoatesino.

 

Nel corso delle indagini sono tati accertati anche episodi di estorsione ai danni di un meccanico di Bolzano nonché di sequestro di persona in danno di un ristoratore. Entrambi gli episodi, l’uno finalizzato ad evitare di pagare una riparazione ad un meccanico; l’altro per riscuotere un asserito debito, hanno confermato modalità,nonché una forza intimidatoria raggiunta dalla consorteria calabrese altoatesina, tipiche delle ndrine ubicate in Calabria. Proprio i legami con quest’ultime, in primis gli Italiano –Papalia di Delianuova ma anche i “Barbaro –Papalia”, egemoni a Plati con ramificazioni fino a Buccinasco in provincia di Milano, e gli “Alvaro-Macrì-Violi” di Sinopoli, stati una costante della “locale” scoperta a Bolzano nel corso delle indagini, per finalità connesse al traffico di droga così come al reperimento di armi da avere a disposizione in Trentino Alto Adige. Esponenti di ndrine calabresi della fascia ionica e tirrenica, operanti in provincia di Reggio Calabria, sono stati anch’essi raggiunti dalle ordinanze di custodia cautelari in carcere emesse dall’Autorità giudiziaria di Trento ed eseguite questa notte dalla Polizia di Stato anche in Calabria.