I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Cosenza, nei confronti di 7 persone (4 in stato di detenzione domiciliare e 3 soggette all’obbligo di dimora) a vario titolo indagate per i reati di usura, esercizio abusivo del credito e spaccio di sostanze stupefacenti e/o psicotrope. Contestualmente, i Finanzieri hanno dato esecuzione al sequestro preventivo di beni, nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di oltre 38.000 euro, ritenuto profitto del reato di usura.

Le indagini

Al termine di un’articolata attività di indagine, durata oltre 2 anni, coordinata dalla Procura della Repubblica di Cosenza, le Fiamme Gialle del gruppo Cosenza, mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione e pedinamento, nonché attraverso numerose escussioni testimoniali, hanno accertato plurime condotte di erogazione di prestiti di denaro, anche con l’applicazione di tassi di tipo usuraio, con interessi che arrivavano al 120% annuo, poste in essere in piena emergenza sanitaria da Covid 19. Proprio nel difficile contesto emergenziale, connotato da maggiore domanda di liquidità, gli indagati, noti nell’ambiente cittadino come soggetti in grado di concedere senza difficoltà prestiti a chiunque ne avesse fatto richiesta, hanno offerto un canale parallelo di ricorso al credito al quale cittadini e imprese in forte crisi di liquidità potevano accedere senza particolari garanzie di rientro ed al di fuori dei canali legali di accesso a linee di finanziamento.

Minacce e intimidazioni ai danni delle vittime

All’indomani dell’erogazione del prestito, gli indagati si adoperavano, anche con minacce ed intimidazioni, per il recupero della somma prestata, chiamata “mascherina, scommessa, paghetta, spesa, acqua, pane”, restituita dalle vittime mediante ricariche di carte prepagate, assegni in bianco, e naturalmente denaro contante, in tranche settimanali/mensili, anche di modesto importo. L’attività investigativa ha portato alla luce un’intensa circolazione di denaro esercitata con capacità organizzativa e disponibilità finanziarie da parte degli indagati, i quali hanno approfittato dello stato di bisogno delle vittime, instaurando con questi rapporti continuativi e durevoli, al fine di imporre condizioni sempre più onerose. Nel corso delle indagini, inoltre, le Fiamme Gialle hanno ricostruito una fitta rete di spaccio di sostanze stupefacenti, del tipo hashish, marijuana e cocaina, organizzata con modalità strutturate e, anche in questo caso,rivolta ad un cospicuo numero di consumatori.

I nomi

Sono nove gli indagati dell’inchiesta su usura, droga ed esercizio abusivo del credito notificata questa mattina dalla Guardia di Finanza alle persone coinvolte in un’indagine coordinata dalla procura di Cosenza. Il gip Manuela Gallo ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di Pasquale Falvo, Francesco Marchiotti, Dario Greco e Pierpaolo Guzzo, di recente condannato per droga ed estorsione dal gup del tribunale di Cosenza. Obbligo di dimora invece per Carlo Porco, Francesco Porco e Giuseppe Longo. Rigettata infine la richiesta di misura cautelare nei confronti di Elio Stancati, indagato a piede libero, come Carlo Drago. Tutti gli indagati sono da ritenere presunti innocenti fino a sentenza definitiva.

La crisi economica pre Covid e la richiesta di denaro al collega: i dettagli dell’indagine 

Uno dei presunti casi di usura è contestato a Carlo Porco, sottoposto all’obbligo di dimora. Secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza, che ha sentito la persona offesa del procedimento penale, l’indagato avrebbe prestato 900 euro, ricevendo ogni mese 150 euro «a titolo di interesse mensile (tasso superiore al 10% mensile)». I fatti risalgono a gennaio-febbraio 2019, durati fino al mese di maggio 2020, epoca dell’estinzione del debito. 

Nel corso dell’escussione, il lavoratore di Cosenza raccontò agli investigatori di vivere un momento difficile a causa della perdita del lavoro da parte di uno dei suoi figli. Così ne parlo con l’indagato il quale si sarebbe fatto avanti per dargli una mano. «Pertanto gli chiedevo in prestito 900 euro». Somma che avrebbe avuto da lì a poco «con l’accordo che gli avrei dovuto restituire 150 euro mensili a titolo di interessi fino alla completa estinzione del capitale iniziale». Continua a leggere su cosenzachannel.it