Il collaboratore di giustizia rivela che le intercettazioni captate nella tavernetta del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri non furono digerite dagli esponenti dei clan cosentini
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I dialoghi intercettati dai carabinieri del Ros, su indicazione della Dda di Catanzaro, nella tavernetta del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, avrebbero fatto arrabbiare gli esponenti della 'ndrangheta cosentina, nei termini in cui "Mano di Gomma", riteneva che "i cosentini la a San Giovanni (ndr, San Giovanni in Fiore) non comandano niente … proprio zero … zero e sotto zero". Il boss di Cosenza Francesco Patitucci, che nel 2013 era comunque il "reggente" della cosca "Lanzino", dopo la cattura di quest'ultimo, al termine del periodo di latitanza, avrebbe confidato le sue perplessità su quanto dichiarato da Nicolino Grande Aracri all'allora "braccio destro" Roberto Porcaro, oggi divenuto collaboratore di giustizia.
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In poche parole, i clan di Cosenza - dagli "italiani" agli "zingari" - non accettavano che le cosche crotonesi prendessero piede nel territorio della Sila cosentina, come dimostrano invece le indagini "Six Town" e "Stige". E su questi "discorsi" insomma erano sorte delle fibrillazioni. Evidentemente Patitucci, per non gradire i commenti di Grande Aracri, lesse le intercettazioni da qualche articolo di stampa, in quanto alcuni giornali calabresi pubblicarono quei passaggi, tra cui il nostro network.
Il riferimento di Nicolino Grande Aracri era diretto a Giovanni Spadafora, il quale venne chiamato "a rapporto" a Cutro. In questa circostanza, ma anche in presenza di altri soggetti, il boss di Cutro, egemone anche in Emilia Romagna, vedi il processo "Aemilia", coordinato dalla Dda di Bologna, non aveva dubbi nell'affermare che «San Giovanni in Fiore, Lorica e Camigliatello Silano fanno riferimento al locale di Belvedere Spinello», ovvero i Marrazzo. Giovanni Spadafora, come raccontano le carte investigative, si sarebbe anche giustificato rispetto ai "rimproveri" del capo società della 'ndrangheta crotonese, ricordando che «Giovanni dipende da noi… non dipende da Isola … Giovanni deve fare quello che diciamo noi». E ancora: «Ora comandiamo noi e cacciamo tutte le cose di mezzo … tutte le cose vecchie le cose … dobbiamo cacciare di mezzo … ».
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Ebbene, tutte queste dichiarazioni captate dagli investigatori antimafia, non sarebbero state mandate giù dai cosentini. E per "contrastare" quel pensiero dominante nella cosca di Cutro, Porcaro riferisce alla Dda di Catanzaro che "nel 2019, so per averlo appreso direttamente da Michele Di Puppo, Erminio Pezzi ha ricevuto, proprio da Michele Di Puppo, la terza dote dello Sgarro e così formalmente collocato come referente dell'associazione criminale cosentina per la zona di Camigliatello silano". E il pentito spiega anche i motivi che hanno portato a questa determinazione: "Ciò si è reso necessario anche per collocare un affiliato cosentino in una zona di confine, vicina a San Giovanni in Fiore, territorio dove arrivano le mire criminali espansionistiche dei crotonesi soprattutto sugli affari legati al taglio dei boschi. A tal proposito ricordo dei commenti indispettiti di Francesco Patitucci quando lesse sul giornale le conversazioni intercettate nella tavernetta di Grande Aracri laddove, a proposito del controllo criminale sul territorio di San Giovanni in Fiore, denigravano i cosentini i quali non erano né riconosciuti né criminalmente capaci".