Secondo gli inquirenti, l'imprenditore edile è contiguo alle cosche di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi e dei Piromalli di Gioia Tauro
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Beni per oltre 34 milioni di euro sono stati confiscati dalla Guardia di Finanza ad Angelo Restuccia, 83 anni, imprenditore. Il provvedimento è stato eseguito da militari del comando provinciale delle Fiamme Gialle, unitamente al Servizio centrale investigazione sulla criminalità organizzata e al nucleo speciale polizia valutaria, sotto il coordinamento della procura della Dda di Reggio Calabria.
L'imprenditore Angelo Restuccia
Restuccia, imprenditore edile vibonese, è ritenuto contiguo alle cosche di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi (VV) e dei Piromalli di Gioia Tauro (RC) ed è stato anche sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
I legami con i clan
Il provvedimento eseguito si fonda sulle indagini svolte dalla Guardia di Finanza da cui sarebbe emerso che l’imprenditore era, da tempo, in affari con la 'ndrangheta, avendo avviato ed accresciuto le sue attività grazie alla contiguità funzionale ed agli appoggi delle cosche Piromalli e Mancus,o egemoni nei rispettivi territori e confederate tra loro attraverso accordi e cointeressenze economiche, così come emergerebbe dai processi “Tirreno” e “Mediterraneo”. Il rapporto con le cosche di riferimento, risalente ai primi anni Ottanta, avrebbe sostenuto l’ascesa dell’imprenditore e favorito gli interessi dei sodalizi mafiosi, rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio. La figura di Restuccia era già emersa nell’ambito dell’operazione di polizia “Bucefalo”, conclusasi con l’esecuzione, nel corso del 2015, di provvedimenti cautelari, personali e patrimoniali, nei confronti di 11 persone per il reato, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso.
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Il caso dell’Annunziata
In quel contesto, era emerso come l’assegnazione dei lavori per la realizzazione del “Parco Commerciale Annunziata” di Gioia Tauro (RC) fosse prerogativa esclusiva della cosca Piromalli, tanto da rappresentare uno dei motivi scatenanti la storica rottura dei rapporti tra la famiglia e la cosca Molè, storicamente legate da vincoli economici e di sangue. Nel corso di tale imponente realizzazione, all’impresa Restuccia Costruzioni s.p.a. erano stati assegnati consistenti lavori edili per la costruzione di diverse strutture e fabbricati. Nel 2017, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Dda, disponese la misura cautelare del sequestro sull’ingente patrimonio illecitamente accumulato dall’imprenditore.
La confisca dei beni
Al riguardo, le indagini a carattere economico/patrimoniale delegate ai reparti della Guardia di Finanza avrebbero consentito di delineare il profilo di Restuccia e ricostruito il complesso dei beni di cui egli e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente, nell’ultimo trentennio, accertando la sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale. Alla luce di tali risultanze, su richiesta della stessa Direzione Distrettuale Antimafia, la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto la confisca di prevenzione del patrimonio riconducibile all’imprenditore vibonese, costituito dall’intero patrimonio aziendale di diverse imprese, quote societarie, immobili e rapporti finanziari.