La Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato il ricorso dell’imprenditore Giuliano Caruso e di un suo presunto prestanome, Orazio La Torre, presentato all’indomani della confisca dei beni, decretata nel settembre del 2017 dal Tribunale di Catanzaro su richiesta del Procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Salvatore Curcio, e sulla base delle informative del nucleo mobile del gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme. All’esito del procedimento d’appello, la Corte ha innanzitutto confermato il “formulato giudizio di pericolosità sociale di Caruso espresso dai giudici di primo grado, presupposto sulla base del quale è stata poi decretata la confisca dei beni, fatta eccezione per una ditta individuale e per una piccola parte di terreno pari all’equivalente valore di 10mila euro, situato nella zona sud della città, dove attualmente sorge una nota struttura ricettiva.

 

Attività illecite

La confisca dei beni dell’imprenditore risale al settembre del 2017 ed è stata effettuata dal gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme, all’epoca al comando di Fabio Bianco, operazione nel corso della quale furono apprese le ricchezze accumulate nel tempo con proventi non giustificati dalle attività d’impresa e che, secondo gli inquirenti, derivavano da illecite, con particolare riferimento a quelle usurarie, delitti per i quali Caruso ha già subito nel maggio scorso una condanna in primo grado da parte del Tribunale di Lamezia Terme.

 

La confisca

La confisca del patrimonio dell’imprenditore rappresenta l’esito, ancora una volta favorevole, delle indagini di polizia economico-finanziaria svolte dalle “fiamme gialle”, finalizzate all’individuazione e all’aggressione dei patrimoni conseguiti per mezzo di attività illecite. Gli accertamenti patrimoniali effettuate dai finanzieri, condivisi dalla magistratura, erano infatti riusciti a dimostrare che i beni confiscati hanno un valore economico del tutto sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi leciti dichiarati nel tempo, tenuto pure conto dell’elevato tenore di vita mantenuto dall’imprenditore, pazientemente dimostrato dai militari. Ciò ha consentito agli investigatori del nucleo mobile della Guardia di Finanza di Lamezia Terme di delineare un solido quadro indiziario, indispensabile per disporre la confisca dei patrimoni rivelatisi di origine illecita o ingiustificati nel loro possesso, il cui valore si attesta in oltre 8.500.000 euro.

 

I beni sotto chiave

Il provvedimento ha quindi confermato la confisca di:


due ville ubicate in un residence turistico della riviera tirrenica;
un fabbricato adibito ad uffici ed un magazzino ad uso commerciale ubicati nel centro cittadino;
una lussuosa villa collocata nella zona montana di lamezia terme, con annessa piazzola di atterraggio per elicotteri;
una grande struttura adibita ad hotel e ristorante ubicata nell’hinterland lametino;
una grande struttura adibita ad attività commerciale ubicata nella periferia lametina;
15 appezzamenti di terreni – agricoli ed edificabili;
quote societarie ed intero compendio aziendale di due società operanti rispettivamente nel settore della ristorazione e della compravendita di immobili;
quote societarie ed intero compendio aziendale di due s.r.l. operanti nel settore edile;
quote societarie ed intero compendio aziendale di una societa’ di persone operante nel settore del commercio di preziosi ed immobiliare;
quote societarie di una s.r.l. operante nella ristorazione e caffetterie;
quote societarie di una s.r.l. operante nel settore delle scommesse.


È stata invece restituita all’imprenditore una ditta individuale poiché costituita nel 1997, anno in cui l’imprenditore non risultava ancora aver manifestato la pericolosità sociale richiesta dalla norma.

 

l.c.


LEGGI ANCHE: