La nuova associazione fondata dai pm Riello, Bosso, Camerlingo e Fiore si schiera al fianco dei giudici che hanno emesso la sentenza contro l’ex sindaco di Riace
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Non entriamo ovviamente nel merito della sentenza emessa dal Tribunale di Locri nei confronti dell’ex sindaco di Riace, Lucano». Con queste parole l’associazione nazionale di magistrati, “Nuovo Orizzonte Giustizia”, fondata dai pubblici ministeri, Alessandro Riello, Armando Bosso, Nicola Camerlingo e Gionata Fiore, prende posizione in merito alle polemiche sollevate contro i giudici di Locri, che hanno condannato in primo grado Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi di carcere.
Nella nota, si fa riferimento a chi ha attaccato “gratuitamente” le toghe del tribunale di Locri, «sostituendosi ai giudici, senza spiegarne le motivazioni se non in modo evanescente e declamatorio, parlando di pronuncia “sconvolgente”, di “eclatante ingiustizia”, di “intenti persecutori” dei magistrati che hanno emesso la sentenza, che - secondo il segretario di un partito di governo – “farà crescere la sfiducia nei confronti dei magistrati”».
«Dopo i processi in tv, arrivano le sentenze a furor di popolo, scritte da politici, “pensatori” e perfino da uomini di spettacolo. Tutto questo palesa una preoccupante mancanza di senso dello Stato dimostrata soprattutto da esponenti delle istituzioni che non parlano dei reati contestati a Lucano, che ovviamente non hanno letto le motivazioni della pronuncia e qualcuno, candidamente ammettendolo, nemmeno il dispositivo» prosegue il comunicato stampa di “Nuovo Orizzonte Giustizia”.
«Legittimo sperare che il condannato possa far valere le proprie presunte ragioni nei successivi gradi di giudizio, inammissibile sparare ad alzo zero sui giudici “a prescindere”, giungendo taluno anche ad inventare, con fantasia degna di miglior causa, la categoria dei reati “a fin di bene”» precisano i quattro pubblici ministeri. «Pertanto, esprimiamo la nostra piena solidarietà ai Colleghi del Tribunale di Locri, accusati, esplicitamente o implicitamente, di uso politico della giustizia. Ci siamo dimostrati doverosamente pronti a fare autocritica allorché vi sono stati magistrati che hanno sbagliato ed infangato la toga che indossavano, ma non siamo disposti a gogne mediatiche guidate da logiche totalmente avulse da ogni analisi concreta dei fatti e mosse dall’intento di delegittimare la magistratura».