’Ndrangheta

«Con la massoneria deviata si aggiustano processi e si fanno soldi»: i racconti dei pentiti nella sentenza Rinascita Scott

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia spiegano il ruolo delle logge coperte in Calabria. Per Virgiglio Vibo è il cuore del potere. I rapporti tra Pittelli e Sabatino Marrazzo, contabile del clan di Belvedere Spinello, a cui suo cugino (oggi pentito) diceva: «Tu hai studiato per farci fare business, io per farmi arrestare»

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di Pablo Petrasso
21 maggio 2024
06:45

Politico, massone, avvocato capace all’occorrenza di sistemare i processi più complicati. Tutte le dichiarazioni dei pentiti su Giancarlo Pittelli «convergono su alcuni aspetti principali». Questioni che hanno tenuto a lungo banco nel processo Rinascita Scott e che il collegio giudicante sottolinea nelle oltre 3mila pagine di motivazioni. Due aspetti innanzitutto, per tratteggiare la figura del legale condannato a 11 per concorso esterno in associazione mafiosa. Il primo è la sua appartenenza «alla cosiddetta ‘‘massoneria coperta”»; il secondo «la ritenuta possibilità di incidere in maniera illecita sull’andamento dei procedimenti giudiziari, utilizzando il proprio particolare rapporto con il magistrato o “pagando” periti o magistrati».

A Vibo Valentia il cuore del potere massonico in Calabria

La massoneria deviata e la sua capacità di unire mondi molto lontani aleggiano nelle pagine della pronuncia assieme alla descrizione di un contesto nel quale, grazie agli agganci ottenuti nelle logge coperte, si potrebbe addirittura modellare la giustizia. Un distillato di potere che ha, secondo il pentito Cosimo Virgiglio, massone di lunga data, in Vibo una delle sue capitali. Questione «di segni e di carismi» perché «a Vibo vi era stato, principalmente nel mio tempio, il passaggio di Giuseppe Garibaldi, passaggio che lasciò dei cimeli, una bandiera dei garibaldini ancora intrisa di sangue e ancora oggi custodita, un obolo, un maglietto fatto da un pezzo di legno e, all’epoca, lascio anche i cosiddetti testamenti massonici». Simboli che fanno di Vibo un centro «carismatico» per la massoneria calabrese: anche per quella deviata, stando a ciò che dice Virgiglio.


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Sabatino Marrazzo, uomo-cerniera tra clan e “mondo di sopra”

Se Vibo è il centro del potere, nel Crotonese c'è un personaggio che rappresenta il legame tra cosche e insospettabili. Le parole dei collaboratori di giustizia sui legami tra ’ndrangheta e massoneria coperta sono uno zibaldone di aneddoti: disegnano legami tra Pittelli e alcuni magistrati (non indagati in Rinascita Scott), tracciano linee che congiungono l’ex parlamentare di centrodestra a uomini come Sabatino Marrazzo che in Six Towns, altro procedimento della Dda di Catanzaro, viene descritto come il collante tra la cosca di Belvedere Spinello e il “mondo di sopra”, quello degli affari. Marrazzo, condannato in Appello a 8 anni dopo un travagliato iter processuale, appare come un perfetto uomo-cerniera. Laureato, massone, imparentato con i capi della cosca di Belvedere Spinello, il profilo di Marrazzo viene tracciato da Virgiglio nel suo lungo racconto della zona grigia che, sotto un grembiulino, tiene assieme colletti bianchi e mafiosi.

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«Pittelli era agganciato bene alla Procura»

Le parole di uno dei cugini di Marrazzo, Francesco Oliverio, pentito del Crotonese, si sovrappongono quasi a quelle di Virgiglio. Per i giudici si tratta del «medesimo racconto da da due prospettive differenti». Nei suoi quasi 7 anni da capo locale di Belvedere Spinello, Oliverio ha avuto modo di valutare l’azione di Sabatino Marrazzo che, «tramite la massoneria del Vibonese, manteneva rapporti con personaggi anche istituzionali».  Per Oliverio, Marrazzo avrebbe fatto parte di un “corpo riservato”. Di cosa si tratti, il collaboratore di giustizia lo riferisce ai pm della Dda di Catanzaro: «Ogni buon clan, ha un corpo riservato, che sono dei personaggi incensurati, possibilmente laureati, che si occupano di politica, appalti, imprenditoria, che intessono tessuti con il contesto sociale e diciamo tra virgolette anche istituzionale».
«Cugì, io faccio parte della massoneria», avrebbe rivelato Marrazzo a Oliverio. Quella camera di compensazione sarebbe servita per aggiustare processi: al centro di queste trame sarebbe stato proprio Pittelli, conosciuto da Sabatino Marrazzo anche a prescindere dalle vicende processuali in cui avrebbe aiutato il clan crotonese perché «era agganciato bene alla Procura».

Marrazzo e Pittelli, riferisce il pentito, sarebbero stati «confratelli». E l’ex parlamentare non sarebbe stata l’unica frequentazione eccellente del contabile della cosca di Belvedere Spinello: i contatti si sarebbero estesi a «magistrati, forze dell'ordine, politici». «Marrazzo – si legge in sentenza – proponeva anche a Oliverio di presentargli queste persone, ma Oliverio rispondeva che non era opportuno: ‘‘No. Meno ci vedono, meno mi espongo e meglio è. Io sono un pregiudicato, sono un latitante, lascia stare, tessi tu queste relazioni, veditele tu”».

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«Tu hai studiato per fare soldi, io per farmi la galera»

Nelle parole del collaboratore di giustizia c’è il senso della distinzione tra i due livelli della ’ndrangheta: il “corpo riservato” «era in grado di sapere in anticipo l’indizione di una gara d’appalto per lavori». Poteva intervenire sui processi e «a livello politico-elettorale, si decideva “chi doveva andare avanti”».

Una volta dismesso l’abito buono, gli affiliati come Marrazzo avevano «il dovere di trasmettere alla famiglia di ‘ndrangheta di appartenenza le informazioni che apprendevano frequentando l’ambiente massonico».

«E ci mancherebbe – dice Oliverio – che metteva al secondo posto noi, con i confratelli dei massoni! Noi ce lo tenevamo, aveva preso la laurea per che cosa?! Certo che ci doveva passare le novità, era in dovere di passarci le novità! Anche se qualche cosina se la riservava sempre, però certo che era in dovere». Ruoli e prospettive erano rigidamente divisi: al clan serviva un volto presentabile che andava schermato dalle inchieste. Con modi schietti, Oliverio chiarisce bene il senso di questa distanza: «Io dicevo: “Cugì, tu guardati il tuo e noi ci guardiamo il nostro, a noi ci interessa fare business, fare soldi” a noi ci interessavano i denari, i soldi. ‘‘Tu hai studiato per questo” gli dicevo, “io invece ho studiato per andarmi a fare la galera”. E infatti».

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