VIDEO | Il piccolo di 6 anni è rimasto a lungo ricoverato in vari ospedali calabresi per una grave infezione alle vie urinarie e nel frattempo i suoi genitori hanno smesso di lavorare. Oggi ha ancora bisogno di cure ma i problemi economici stanno minando la serenità della famiglia residente a Santa Maria del Cedro
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Il loro bimbo di 6 anni è gravemente malato da 6 mesi e per cercare di curarlo nei vari ospedali calabresi hanno perso entrambi il lavoro. Oggi il piccolo è in procinto di ricoverarsi all'ospedale Bambin Gesù di Roma, ma la famiglia non ha più nemmeno il soldi per la benzina e tra due giorni la loro piccola casa resterà al buio, perché da mesi non riescono a pagare più nemmeno le bollette della luce. E' la drammatica storia di Hanane Talaa e Abdellah Maandarni, una coppia di origini marocchine ma da anni residente a Santa Maria del Cedro, dove, con enormi sacrifici, hanno costruito la loro nuova vita integrandosi perfettamente nella comunità altotirrenica. Hanane, che si fa chiamare semplicemente "Anna", e suo marito Abdellah, adesso hanno deciso di chiedere aiuto: «Cerchiamo qualcuno che riesca a guarire nostro figlio, non ce la facciamo più. Non riusciamo a immaginare se dovesse accadere qualcosa, il nostro bimbo è tutto ciò che abbiamo».
«Una patologia rara»
Il dramma di questa famiglia è cominciato nel periodo di Natale dello scorso anno, quando il piccolo ha cominciato ad avvertire i primi disturbi. A seguito di un primo ricovero, la famiglia ha scoperto che il figlioletto aveva delle infezioni alle vie urinarie, forse a causa di una piccola malformazione. Per risalire all'origine del disturbo e trovare l'esatta diagnosi, il bimbo è stato sottoposto a lunghi ricoveri. Per tutto questo tempo, mamma e papà sono rimasti ininterrottamente al suo fianco, anche durante i postumi di una delicata operazione, anche quando tra un cambio e l'altro del catetere, il bimbo ha subito forti rialzi di temperatura, anche fino a 40°, che gli hanno fatto rischiare il coma. Come se non bastasse, nel frattempo i suoi genitori hanno perso il lavoro e sono piombati una situazione economica angosciante.
Ad ogni modo, dopo sei mesi di indagini mediche, i camici bianchi cosentini hanno stabilito che il bimbo dovrà essere curato a casa, dove dovrà essere effettuato anche il cambio della cannula sterile, quattro volte al giorno, per tutti i giorni della sua vita, con tutti i rischi del caso. Ma mamma Hanane e papà Abdellah hanno terribilmente paura che possa accadere qualcosa di irrimediabile e non si rassegnano a questa situazione. Così, quando hanno chiesto consiglio, qualcuno ha suggerito loro di rivolgersi all'ospedale Bambin Gesù di Roma, che dovrebbero raggiungere già nelle prossime ore. Ma i due non hanno più alcuna entrata economica e dicono: «Siamo disperati, non sappiamo più cosa fare».
Una vita di sacrifici e sofferenze
La loro casa di pochi metri quadri a Santa Maria del Cedro, porta i segni di una vita piena di sacrifici, vissuta in estrema umiltà. La cameretta del piccolo è allestita nel soggiorno e i suoi giochi sono delle vecchie macchinine da far sfrecciare in una bacinella di plastica piena d'acqua. Ma, fino a qualche mese fa, nella loro dimora non era mai mancato niente. Hanane e Abdellah hanno sempre lavorato sbarcando il lunario come hanno potuto per realizzare quella famiglia che avevano sempre sognato e che si era concretizzata con l'arrivo del loro bimbo, un ometto che adesso ha sei anni e occhietti vispi, nonostante i tanti martiri sul suo corpicino esile.
Oggi la loro serenità è minata costantemente e le loro forze cominciano a mancare. «Controllo la temperatura di mio figlio anche dieci volte a notte - ha detto il papà - vivo con l'incubo che possa avere delle convulsioni da un momento all'altro. In queste condizioni non riusciamo a lavorare né a dormire. Non riusciamo più a vivere. Prego Dio che ci dia la forza per andare avanti». Poi lancia l'accorato appello: «Chiunque può ci dia una mano, è l'unica cosa che chiediamo. Da quando siam in Italia abbiamo sempre fatto affidamento sulle nostre forze, ma ora ci rendiamo conto che da soli non possiamo più farcela. Aiutateci a dare un futuro al nostro bambino».