VIDEO | L’operazione Last generation condotta dalla Procura di Catanzaro ha portato alla luce uno spaccato inquietante, con donne e giovanissimi attivi nell'organizzazione legata alla cosca Gallace di Guardavalle, sgominata questa mattina dai carabinieri
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Si stava preparando alla stagione estiva e aveva affiliato anche tre minori con una notevole pericolosità sociale, che si muovevano nella consapevolezza di far parte di una organizzazione mafiosa dedita al traffico di stupefacenti con base a Soverato. Il sodalizio criminale, con a capo Vincenzo Aloi, nipote di Vincenzo Gallace, capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di Guardavalle, oltre a rifornire l’area del soveratese, faceva arrivare importanti quantitativi di cocaina nelle più competitive piazze di spaccio del milanese e del maceratese.
L'inchiesta Last generation
E’ quanto emerso dall’indagine Last Generation, partita nel marzo 2017, condotta tra le province di Catanzaro, Reggio Calabria e Milano, dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Catanzaro che hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, che coinvolge 24 indagati. «L’estate è già arrivata e nei paesi di mare, si sa, la popolazione si triplica. E così come si triplica la popolazione, si triplicano anche i tossicodipendenti – ha spiegato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri illustrando i dettagli dell’inchiesta -. E quindi aumenta in modo vertiginoso il consumo di droga, in particolare di cocaina, eroina e hashish. Il motivo principale per il quale si è pensato di fare il fermo era che i due promotori di questa associazione a delinquere, da diversi giorni, stavano pensando di andare all’estero e questo complicava la possibilità di catturarli e rischiavamo di avere due latitanti importanti».
Le stazioni dei Carabinieri
Un risultato, quello odierno, raggiunto grazie agli utili elementi di riscontro forniti dalle stazioni dei Carabinieri di Davoli, Soverato, Guardavalle, Satriano, Cardinale e Gasperina. «Molti riscontri, molte imputazioni non le avremmo potute contestare questa mattina se non avessimo avuto il lavoro prezioso fatto dalle stazioni» ha sottolineato Gratteri. «Le stazioni da sempre costituiscono una peculiarità dell’Arma dei Carabinieri e sono assolutamente fondamentali in attività come queste – ha aggiunto Marco Pecci, comandante provinciale dei Carabinieri - perché consentono di avere sul territorio un’immediata interfaccia sull’evoluzione degli eventi e di saldare l’attività di controllo del territorio fornendo utili elementi di riscontro alle attività investigative di più ampia portata».
La pericolosità sociale
E’ sulla notevole la spregiudicatezza e pericolosità sociale dei giovani coinvolti nell’attività criminale che si sono soffermati poi gli inquirenti, caratteristiche che si sono manifestate costantemente con numerosi episodi di resistenza e violenza nei confronti dei militari dell’Arma. «Questi soggetti si sono resi spesso e volentieri imprevedibili contrastando con veemenza l’operato delle forze dell’ordine, in particolare dei Carabinieri che in alcune circostanze sono rimasti anche feriti riportando delle lesioni – ha spiegato il capitano della Compagnia di Soverato Gerardo De Siena –. Per questi giovani, far parte dell’organizzazione era a volte motivo di vanto, spesso giravano in stato di alterazione psicofisica derivante dall’uso di stupefacenti, un dato preoccupante che ha complicato ma non impedito l’esecuzione delle nostre attività di riscontro».
Il ruolo delle donne
Non si tratta invece di un dato inedito, secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, il fatto che nelle attività illecite, come in questo caso, fossero coinvolte delle donne: «La presenza femminile ormai è costante – ha chiarito -. Non si limitano più a fare, come un tempo, le postine o a portare messaggi. Ormai hanno una capacità decisionale che è assolutamente uguale a quella degli uomini».
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