Il 20 agosto del 2018 un’onda anomala spazzò via dieci vite. La comunità si riunisce oggi per commemorarle. In attesa che la giustizia faccia luce sulle responsabilità della tragedia
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Una ferita ancora aperta. Una lacerazione che non si potrà mai dimenticare. La comunità di Civita rivive il dolore di un anno fa, ripiomba in quell’incubo di acqua e fango che spazzò via in un istante dieci vite, dieci volti, dieci storie che oggi verranno ricordati uno a uno con una solenne commemorazione: prima una messa, alle 18, poi una fiaccolata silenziosa che si snoderà lungo il piccolo centro, dalla Chiesa Santa Maria Assunta fino al Belvedere.
Mentre il Raganello è ancora là. Scorre calmo, a tratti impetuoso, a ricordare l’imprevedibilità di quei canyon che trecentosessantacinque giorni fa diventarono un supplizio capace di inghiottire ogni cosa si trovasse davanti. Le Gole: così le chiamano. Nome beffardo e paradigmatico che spiega tutto. E niente. Come quello che si sono trovati davanti all’improvviso, increduli, i familiari delle vittime, nove escursionisti provenienti da ogni parte d’Italia (Maria Immacolata Marrazzo, Carmela Tammaro, Antonio Santopaolo, Paola Romagnoli, Miryam Mezzolla, Claudia Giampietro, Gianfranco Fumarola, Carlo Maurici, Valentina Venditti), e una guida, Antonio De Rasis di Cerchiara. L’unico calabrese dell’elenco, un eroe silenzioso volato in cielo mentre portava a termine la sua missione di angelo custode: mettere in salvo quante più vite possibili.
Oggi le Gole sono chiuse, poste sotto sequestro dall’autorità giudiziaria. Le indagini vanno avanti da un anno per fare luce sulle responsabilità che determinarono la tragedia. Si attendono sviluppi mentre i turisti continuano ad arrivare in massa in questo piccolo angolo di paradiso divenuto per qualche ora un inferno in terra.