Il pentito cosentino Roberto Presta svela i segnali con cui i detenuti scambiano informazioni sui gradi da loro rivestiti all’interno dei rispettivi clan d’appartenenza
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«Come una piuma di pavone, esce brillante e se ne va oscurando il mondo». Non è l’incipit di una poesia di Walt Whitman, ma parte di un linguaggio cifrato che gli ‘ndranghetisti utilizzano in carcere per riconoscersi fra loro. Incontri un detenuto e vuoi sapere se anche lui appartiene all’ambiente oscuro della Società onorata? Il discorso del Pavone può tornare utile poiché sottintende a una presentazione ufficiale: sono uno sgarrista, e tu?
A svelare l’esistenza di questo codice segreto è il pentito Roberto Presta, 48 anni, nom de crime “Hobby”, fuoriuscito da una delle sette cosche che attualmente compongono la Federazione criminale di Cosenza, quella di Roggiano Gravina. L’uomo collabora con la giustizia dal gennaio del 2021 e gli investigatori lo considerano depositario di numerosi segreti in virtù delle sue affinità con i vertici dell’organizzazione. Suo fratello Antonio, infatti, è considerato il reggente del gruppo di cui un loro cugino, Franco Presta, è indiscusso caposocietà.
Piccoli gesti quotidiani
Fra le varie indicazioni fornite da Roberto Presta spiccano anche quelle relative ai rituali di ‘ndrangheta che il diretto interessato afferma di conoscere bene, avendo ricevuto il cosiddetto battesimo a soli diciassette anni. Alla prima dote, quella di picciotto, ha fatto seguito per lui la seconda (azionista) e infine la terza da camorrista, l’ultima prima del pentimento. Era quello il biglietto da visita che utilizzava nei periodi di detenzione, come lui stesso racconta il 27 aprile del 2021 ai pm Vito Valerio e Corrado Cubellotti della Dda di Catanzaro: «Nella gestualità quotidiana questi gradi corrispondono a dei segni di riconoscimento. Ad esempio, nel salutare in carcere uno ‘ndranghetista del quale si vuole sapere il grado d’affiliazione, si usa stringergli la mano toccando con il dito medio la parte interna del suo polso». A quel punto, per formulare una risposta l’interpellato ricorre ancora al linguaggio dei segni. Per presentarsi come “camorrista”, infatti, basterà «stringere il pugno con il pollice chiuso all’interno delle altre dita». Una rotazione degli indici, invece, equivale a qualificarsi come «un’azionista» mentre al merito di picciotto non è associato alcun segnale muto, ma un’altra formula alata: «Come una piuma sparsa al vento».
Roberto Presta è stato arrestato a febbraio del 2020 insieme ad altre 44 persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. In quella circostanza, i riflettori della cronaca si posano per la prima volta sul gruppo criminale cosentino, operativo da anni nei centri della Valle dell’Esaro, ma del quale fino ad oggi si è saputo poco o nulla in termini giudiziari in virtù della sua pressoché totale impermeabilità al fenomeno del pentitismo. Un tabù infranto proprio dalla fuoriuscita di “Hobby”. Il processo per narcotraffico è in corso di svolgimento, ma all’orizzonte, per i presunti membri del gruppo, se ne profila un altro per associazione mafiosa.