Ormai è rarissimo trovare un esercente che fornisca semplice acqua potabile ai clienti. Se la chiedi ti guardano male e quasi sempre ti dicono che quella di rubinetto non è potabile. Ma allora il caffè come lo fanno, con la minerale?
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Se il sole picchia e la sete ti divora, guai a entrare in un bar per chiedere un bicchiere d'acqua. Il banconista ti guarderebbe alla stregua di un miserabile, prima di rispondere che l'acqua del rubinetto non è potabile (e allora, di grazia, da dove arriva quella usata per fare il caffè?) ma che possiamo acquistare una minerale. A che prezzo? Nella migliore delle ipotesi 80 centesimi in bottiglia da cinquanta centilitri. In genere però, anche in base alla marca, il costo è di un euro, in qualche caso di un euro e cinquanta. E al ristorante? Alzi la mano chi è riuscito ad averla a meno di due euro al litro. Anche nelle pizzerie mediamente bisogna sborsare almeno tre euro, fino ai casi limite dei 16 euro al litro dell'acqua Panna servita nel bistrot adiacente alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Altro che scandalo Chiara Ferragni, dove per otto euro, insieme all'acqua Evian, almeno compravi anche una bottiglia griffata.
Il consumatore, quando siede al tavolo di un locale, dovrebbe essere libero di chiedere una caraffa d'acqua, come succede normalmente in molte capitali europee. Ma anche laddove sia impossibile imporre quest'obbligo ai titolari di esercizi pubblici, tanto più in Italia dove in milioni di case si beve esclusivamente acqua minerale, dovrebbe almeno esistere, trattandosi comunque di un bene di prima necessità, un limite massimo al ricarico applicabile sul prezzo all'ingrosso, attualmente attestato in media sull'800 per cento. Un dato iperbolico, assolutamente fuori mercato, tanto più che alla fonte, il costo per le aziende produttrici, non supera i due centesimi al litro.