La settima sezione del Consiglio di Stato accoglie il ricorso del magistrato cosentino Alberto Liguori che, per effetto dell’ordinanza emessa il 17 aprile scorso, torna a guidare la procura di Terni. Il togato originario di San Demetrio Corone, comune in provincia di Cosenza, era stato punito dal vecchio Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura per aver “tramato” con l’ex pm Luca Palamara, chiedendo che lo stesso intercedesse per la nomina di presidente della sezione penale del tribunale di Cosenza.

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La precedente assemblea plenaria, quasi sul gong della scorsa consiliatura, aveva negato ad Alberto Liguori la possibilità di completare il mandato degli otto anni, bocciando la sua riconferma. Una decisione che Liguori aveva impugnato prima al Tar del Lazio, il quale aveva respinto l’istanza cautelare, e oggi al Consiglio di Stato. Il massimo organo della giustizia amministrativa è stato netto nelle motivazioni che hanno portato Liguori a tornare in possesso delle funzioni di procuratore capo. «La delibera contestata – si legge nel provvedimento - non giustifica adeguatamente il peso determinante assegnato alla partecipazione del ricorrente a talune conversazioni telefoniche (“chat”) con altri magistrati, taluni dei quali poi sottoposti a procedimenti disciplinari, senza spiegare la decisiva preponderanza di tale fatto rispetto agli altri indicatori, tutti largamente, positivi emersi dall’istruttoria».

E ancora: «La delibera impugnata evidenzia una palese contraddittorietà, poiché lo stesso Csm, nella delibera 13 gennaio 2021, di archiviazione del procedimento di trasferimento avviato nei confronti dell’appellante, ha affermato, che i contenuti delle citate chat non risultano idonei a determinare “anche in astratto un appannamento della funzione di Procuratore della Repubblica di Terni” e “incidere in alcun modo sull’ufficio che dirige”.» Infine, il Consiglio di Stato ha sottolineato che «la motivata decisione del Csm di non costituirsi in questa fase di giudizio costituisce un ulteriore indice della insussistenza di ragioni ostative – sul piano del bilanciamento degli interessi pubblici e provati rilevanti nel presente contenzioso – all’accoglimento della domanda cautelare». Ora il Csm non potrà far altro che prendere atto della decisione del Consiglio di Stato e consentire a Liguori di ultimare il lavoro in terra umbra.