«Soggetti nomadi stanziali a Catanzaro» ma «organizzati con le medesime modalità delle associazioni 'ndranghetistiche». È questo l'ulteriore tassello che la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro appone all'operazione di polizia scattata questa mattina all'alba e che ha portato all'arresto di 62 persone, la maggior parte delle quali appartenenti alle comunità rom stanziali nei quartieri a sud di Catanzaro.

Le roccaforti rom

Pistoia, Corvo, Aranceto, Germaneto e Catanzaro Lido, aree divenute vere e proprie roccaforti per la criminalità organizzata. Quartieri sottoposti ad un controllo quasi asfissiante e piazze di spaccio per fiumi di droga. Per il gip del Tribunale di Catanzaro, Filippo Aragona, che questa mattina ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare «sono emersi elementi idonei e dati che inducono a ritenere l'esistenza di un altissimo rischio di reiterazione dei reati vista la ripetitività con cui gli indagati hanno posto in essere le loro condotte criminose e il contesto ambientale in cui si sono verificati i fatti, ossia un territorio in cui agisce una rete molto stretta di relazioni tra gruppi criminali e tra associati a tali gruppi dove è presente sempre un terreno pronto ad accogliere chiunque decida di inserirsi in quelle dinamiche schierandosi con un clan o comunque operando per avvantaggiare un clan».

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Il clan degli zingari

Il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso viene contestato a Luigi Vecceloque Pereloque, Massimo Bevilacqua, Luciano Bevilacqua, Vincenzo Berlingieri, Domenico Passalacqua (cl.73), Ernesto Bevacqua, Massimo Berlingiere e Armidio Bevilacqua ritenuti ai vertici del gruppo criminale operante sul territorio di Pistoia, Corvo, Aranceto, Germaneto e Catanzaro Lido e dediti a condotte «delittuose in materia di armi, stupefacenti, estorsioni, furti, poste in essere con metodo mafioso».

La manovalanza 

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il gruppo denominato Bevilacqua-Passalacqua si sarebbe inizialmente sviluppato «sotto forma di elemento di supporto operativo nei confronti delle cosche storiche di Isola Capo Rizzuto, Cutro e Catanzaro (clan Arena, Grande Aracri e Gaglianesi). Tuttavia, nel corso degli anni il clan degli zingari ha acquisito sempre di più una sua autonomia rispetto alle cosche fino a divenire un gruppo mafioso con un proprio programma criminoso che si inserisce nell'assetto 'ndranghetistico in competizione con le altre associazioni mafiose» scrive il gip nell'ordinanza di custodia cautelare.

Le doti di 'ndrangheta

A partire dal 2017 il gruppo avrebbe «assunto una sua autonomia strutturale e operativa rispetto alle altre cosche grazie al fatto che le altre cosche mafiose storiche operanti a Catanzaro, Cutro e Isola Capo Rizzuto hanno conferito ai capi del clan degli zingari doti di 'ndrangheta per consentire loro di interagire all'interno delle dinamiche mafiose ma tale apertura - annota il gip - ha determinato le condizioni perché gli zingari progressivamente acquisissero l'expertise necessaria per costituire un gruppo indipendente operante nei settori degli stupefacenti, armi, estorsioni, e reati contro il patrimonio avvalendosi della forza di intimidazione mafiosa».

Il battesimo 

Sarebbero stati diversi collaboratori di giustizia a confermare l'avvenuta acquisizione da parte di alcuni appartenenti delle comunità rom di Catanzaro del «potere di battezzare gli affiliati grazie alle elevate doti di 'ndrangheta che essi avevano ricevuto. In particolare, è emerso che Cosimino Abbruzzese alias "U Tubu", Luigi Vecceloque Pereloque alias "U Marocchino", Domenico Bevilacqua alias "Toro Seduto" e Domenico Viceloque alias "Mico rota liscia" erano tra coloro che avevano ricevuto doti di 'ndrangheta. Il percorso verso l'autonomia del gruppo degli zingari è attraversato da momenti di forte contrapposizione con gli altri clan» si legge nell'ordinanza.

Gli omicidi e l'indipendenza

Proprio gli omicidi di Domenico Vecceloque e Domenico Bevilacqua, per gli inquirenti, si inquadrano nel contesto di un tentativo di reprimere le spinte autonomiste del gruppo che, tuttavia, non va a buon fine. Le vaste intercettazioni confluite negli atti dell'indagine confermerebbero, infatti, l'emancipazione raggiunta dal clan degli zingari già a partire dal 2018. È da una conversazione risalente a marzo del 2019 tra Ernesto Bevacqua (cl.74) alias "U Giapponese" e Massimo Bevilacqua (cl.77) alias "U Malloscio" emerge che «era stato stabilito un accordo per la gestione delle estorsioni tra i clan di Isola Capo Rizzuto e il clan degli zingari a dimostrazione dell'autonomia conseguita con quest'ultimo gruppo».

I ruoli

Secondo gli inquirenti, il dialogo assume rilevanza poiché si delineano i ruoli di Massimo Bevilacqua «come boss emergente» e quella di Ernesto Bevacqua «come il suo luogotenente. Infatti essi avevano il potere di ordinare agli affiliati il compimento di attività di danneggiamento e furto propedeutiche alle attività estorsive». 

La spartizione degli affari

Dalle captazioni emerge, inoltre, come a causa del «mancato rispetto degli accordi estorsivi da parte delle cosche di Isola Capo Rizzuto» decidono di procedere «con attività estorsive contro imprenditori catanzaresi senza concordare alcunché con quelle cosche e in modo da sottrarre gli imprenditori da vessare all'influenza delle cosche isolitane». Significativa la disposizione impartita dai capi «affinché venisse inviato un messaggio mafioso ad un imprenditore con l'avvertimento che se non avesse corrisposto quanto richiesto dal clan egli non lo avrebbe più fatto lavorare».