Catanzaro città sporca? Rispondere a questa domanda è un po’ come parlare di quelle manifestazioni di piazza in cui per gli organizzatori c’erano diecimila presenti mentre per la questura duemila. E lo diciamo perché se si parla con il sindaco Sergio Abramo, quelli della sua Giunta e cerchia ristretta, o cittadini che fanno il tifo per lui la risposta è negativa. In modo secco e assoluto con al massimo l’ammissione di qualche piccola eccezione, comunque fisiologica e transitoria in una realtà, per giunta del profondo Sud in cui manca una certa forma di educazione civica relativa allo smaltimento della spazzatura, di ben oltre 90mila abitanti. Giudizio che invece si ribalta se a esprimere un parere in merito sono catanzaresi in apparenza neutrali o addirittura poco simpatizzanti dell’Amministrazione Abramo. Queste persone, via social e tramite dirette segnalazioni ai giornali, lamentano infatti uno stato di degrado e abbandono in cui il capoluogo verserebbe, in particolare negli ultimi anni in cui l’azione del sindaco è apparsa farraginosa e poco efficace per vari motivi.

Ma al di là delle opinioni che è pressoché impossibile siano concordanti in simili circostanze, è doveroso analizzare alcuni fatti. Anzi due lamentele (sarebbe però più esatto scrivere le ultime due, solo in ordine di tempo) che abbiamo nell’occasione ricevuto, con tanto di foto anche caricate dai medesimi cittadini sugli immancabili profili personali di Facebook, riguardano innanzitutto quanto riscontrato domenica scorsa da un cittadino, molto sensibile ai temi ambientali e spesso impegnato in raccolta di plastica abbandonata in forma del tutto spontanea e volontaria come ovvio, nelle ore immediatamente successive alla prima Maratona di Catanzaro.

Ottima manifestazione, per carità, ma che al di là dello spiegamento di forze, dai vigili urbani agli immancabili volontari delle associazioni di polizia e carabinieri, pare proprio non siano purtroppo stati coinvolti anche gli addetti della Sieco impiegati nella pulizia delle strade e raccolta dei sacchetti. E già, perché fa davvero sensazione vedere un cofano di auto pieno di bottigliette vuote raccolte in vari punti del percorso di gara, comprensibilmente gettate dagli atleti in corsa dopo essersi velocemente ristorati dalle fatiche della competizione, che se non fossero state in gran parte raccolte dall’ambientalista avrebbero creato inquinamento a lungo termine. Una delle tante trascuratezze di chi ha esaltato, anche giustamente, l’oggettivo valore dell’evento.

Una brutto scivolone, dunque, di cui come ovvio nelle stanze di Palazzo De Nobili si tende a non far menzione per avvalorare il concetto del «tutto ha funzionato alla grande». Del resto è una vecchia storia, quella che bolla certe critiche (chiamiamole denunce pubbliche) come un male per l’immagine di determinate iniziative. Una tesi un po’ paradossale, ma che alcuni finiscono con il propugnare. Comunque sia, a far da eco all’episodio alle boccette d’acqua gettate dai corridori e poi non raccolte, la situazione in cui versa l’area giochi del lungomare di Lido. Piccolo parco in cui i bambini sono costretti a fare la loro attività ludica all’aria aperta su scivoli, altalene e così via, sotto a cui giacciono piccole montagnole di rifiuti di ogni genere. Una condizione inaccettabile, in primis perché antigienica, che prescinde da credo politico e interessi di parte di chi eventualmente fa tali rimostranze di fronte alla loro incontrovertibilità.