Entrambi in carcere: Antonio e Giuseppe Prostamo. Il primo fermato ieri, l’altro già detenuto per altri reati. A loro è contestato l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Francesco Vangeli, il 26enne di Scaliti di Filandari scomparso nella notte tra il 9 e il 10 ottobre del 2018. Ma non avrebbero agito da soli. Sia nell’esecuzione dell’agguato, è l’ipotesi degli inquirenti. Sia – successivamente – e qui le ipotesi investigative diventano quasi certezze, nelle fasi in cui i due rampolli del casato mafioso di San Giovanni di Mileto avrebbero gettato Francesco moribondo, in un sacco, nelle acque del Mesima o di uno dei suoi affluenti.


Un’intercettazione è rivelatrice. Antonio Prostamo è in casa. Parla con due uomini, entrambi in fase di identificazione: «Nicola e Saverio». Parlano del fucile che sarebbe stato usato per sparare a Francesco e che sarebbe stato poi nascosto in un pozzo. Li manda a controllare che l’arma sia ancora a posto, teme che i carabinieri possano trovarla…

Conoscono, Nicola e Saverio, dettagli importanti. Ma parlano anche di un altro uomo, «Fabrizio», che sa molto dell’omicidio. Ma Prostamo è sicuro: «Quello non dice niente, altrimenti lo sa che lo ammazzo se parla…».

 

Insomma, un’indagine – quella di Dda e carabinieri – che è destinata ad allargarsi. Allo stato sono due gli indagati per l’occultamento del cadavere di Francesco Vangeli e tre quelli sott’inchiesta per aver provato a depistare le indagini, tra cui l’ex fidanzata della vittima che dopo il brutale omicidio ha iniziato a convivere con il capo di una presunta banda di assassini.

 

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