Lo scontro mediatico, più che giudiziario, andato in onda ieri sera su La7, nel corso della trasmissione “Dìmartedì”, condotta dal giornalista Giovanni Floris, tra il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri e il condirettore del Corriere dello Sport, Alessandro Barbano, ha riacceso i riflettori sulla vicenda legata all’ex governatore della Calabria, Mario Oliverio, oggi candidato alla presidenza della Giunta regionale, avendo presentato una lista in ognuna delle tre circoscrizioni. Al di là delle polemiche sollevate dall’ex direttore de “Il Mattino” di Napoli, sulle sentenze derivate dalle inchieste coordinate in passato da Gratteri, la (vera) notizia non è emersa nel dibattito televisivo.

Ripercorrendo le tappe della vicenda, infatti, è d’obbligo partire dal dicembre del 2018, quando la Dda di Catanzaro, su disposizione del gip distrettuale del capoluogo di regione, arresta l’imprenditore Giorgio Ottavio Barbieri e Mario Oliverio, indagati nel procedimento penale denominato “Lande desolate”, che trattava la realizzazione di piazza Bilotti a Cosenza, degli impianti sciistici di Lorica e dell’aviosuperficie di Scalea.

Nel primo caso, il giudice per le indagini preliminari aveva disposto la custodia in carcere, mentre per l’ex deputato era scattato l’obbligo di dimora nel comune di San Giovanni in Fiore - durato tre mesi - avendo rigettato la richiesta degli arresti domiciliari. Sono seguiti mesi turbolenti, con varie apparizioni di Oliverio in tv, dove si è sempre professato innocente, fino al giorno in cui la Corte di Cassazione, il 20 marzo 2019, annulla in toto l’ordinanza cautelare relativa all’allora governatore della Regione. Ma il clou della vicenda giudiziaria arriva quando gli ermellini depositano le motivazioni della sentenza, parlando di «pregiudizio accusatorio» nei confronti di Mario Oliverio. Una sorta di assoluzione anticipata.

Passano quasi due anni da quel giorno e la difesa di Mario Oliverio, rappresentata dagli avvocati Enzo Belvedere ed Armando Veneto, opta per il rito abbreviato, decidendo quindi di farsi giudicare sulla base degli atti in possesso del gup del tribunale di Catanzaro, Giulio Di Gregorio. Una scelta che nasce ovviamente dalle parole messe nero su bianco dalla Cassazione. In questa sede, ovvero nel Palazzo di Giustizia di Catanzaro, la procura antimafia chiede la condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione.

Il collegio difensivo, nel corso della discussione, ribalta le tesi dell’accusa e, al termine della Camera di Consiglio, ottiene l’assoluzione con formula piena. Per Mario Oliverio finisce un incubo. La notizia, però, non è completa. La procura di Catanzaro non ha appellato il provvedimento di primo grado. Così, l’assoluzione è diventata definitiva ed esecutiva con un provvedimento notificato circa un mese fa ai difensori. Un atto di coscienza, e l’ammissione di un errore, da parte dei magistrati che, tuttavia, non cancella la storia recente. Quell’inchiesta, infatti, ha influito sulle scelte del Pd proprio su Mario Oliverio.