L’ex assessore dopo la sentenza rompe il silenzio e conferma: «Si va avanti a testa alta». Si candiderà? Intanto le motivazioni creano non poche preoccupazioni al sindaco che rischia di uscire con le ossa rotte dal dibattimento che inizierà il prossimo 17 ottobre
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«Credo nella Giustizia, perché ha sempre guidato ogni mio passo anche nelle molteplici denunce che pochi, per convenienza o scaltrezza o peggio per “finto” amore della legalità, avrebbero fatto». L’ex assessore comunale Angela Marcianò rompe il silenzio dopo il deposito delle motivazioni della sentenza con cui è stata condannata per abuso d’ufficio nell’ormai noto “caso Miramare”. Fu proprio la Marcianò a mostrare per prima riluttanza rispetto all’approvazione di una delibera che definì un «palese abuso d’ufficio».
L’ex assessore, nel suo pensiero affidato al profilo facebook, afferma di credere «anche nella libertà di manifestazione del pensiero e rispetto l’opinione di tutti, pur non condividendo le “provocazioni” di quella stampa che, in passato, ha apprezzato il mio agire amministrativo, dando voce alle mie diverse e note battaglie di legalità, condotte quotidianamente in assoluta solitudine. Io sarò coerente fino alla morte. Mai pentirsi di aver fatto il proprio dovere».
Marcianò confessa di non sentirsi «un’ingenua come qualcuno mi ha definito. Mi sento una persona “pulita” come tutti i ragazzi universitari, ai quali mi sforzo ogni giorno, con totale dedizione, di insegnare qualcosa. La purezza dei valori che si perseguono si può insegnare solo con il coraggio dell’esempio! La gente per questo mi vuole bene e non ha mai smesso di farlo. Amici miei non vi scoraggiate, non smettete di credere in una società migliore, continuate a denunciare! Ripeto, io lo farò sempre finché avrò vita. Non ha prezzo guardare in faccia il proprio figlio e sapere che tra qualche anno potrà essere fiero di una mamma libera e onesta, che neppure nei momenti più bui, si è venduta per niente ed a nessuno. Schiena dritta e testa alta!».
Resta l’interrogativo di fondo: dopo la condanna in primo grado, Angela Marcianò deciderà di continuare il suo percorso verso una candidatura a sindaco così come era ampiamente preventivato sino a qualche mese addietro? La risposta, in tal senso, arriverà presto.
Intanto, il prossimo 17 ottobre, vi sarà la prima udienza del processo “Miramare” che si celebra con rito ordinario e che vede imputato il sindaco Giuseppe Falcomatà di abuso d’ufficio e falso, mentre buona parte della sua prima giunta deve rispondere del solo reato di abuso d’ufficio. Sarà un dibattimento da seguire, poiché emergeranno molteplici aspetti che chiariranno meglio come siano andate le cose nel primo scorcio di sindacatura Falcomatà. Il sindaco, del resto, sa di giocarsi tantissimo in questo processo. La sentenza emessa dal gup Sergi, infatti, seppur riguardante la sola posizione della Marcianò, ha toccato da vicino anche il primo cittadino. E le motivazioni non lasciano presagire nulla di buono per Falcomatà. Risulterebbe difficile prefigurare, infatti, un abuso d’ufficio di un assessore, peraltro manifestamente contrario all’approvazione della delibera incriminata, senza che possano esserci dirette responsabilità del sindaco.
Toccherà alle difese riuscire a smontare un costrutto accusatorio che, ad oggi, appare piuttosto granitico perché sorretto da atti e documenti, oltre che da diverse conversazioni, che dimostrano come più di qualcosa non abbia funzionato in occasione dell’affidamento del Miramare a Paolo Zagarella. In ciò, il dibattimento potrà fornire molti spunti in più sia all’accusa che alla difesa.
È del tutto evidente che la sentenza arriverà molto tempo dopo la data che sarà fissata per le elezioni comunali. Ma resta comunque una pesante spada di Damocle che continua a pendere sull’attuale primo cittadino che, qualora rieletto, rischia, in caso di condanna, di dover lasciare temporaneamente l’incarico per effetto della legge Severino. Ed i suoi avversari politici sono pronti ad utilizzare il “caso Miramare” come vessillo in una campagna elettorale che si preannuncia infuocata e senza esclusione di colpi.