In una intercettazione tra il giovane rampollo del clan di Rosarno e il capo ultrà che poi l’avrebbe ucciso emerge il business dei ticket contraffatti e venduti a caro prezzo a chi era stato colpito da Daspo o a chi non voleva essere identificato
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Ci sono i gruppi da regimentare, gli scontri (all’estero) da programmare e i campi di addestramento “militare” da organizzare, ma nella testa di Antonio Bellocco, il giovane rampollo del clan di Rosarno ammazzato con numerose coltellate dal suo stesso sodale in un parcheggio della prima periferia milanese, al primo posto ci sono gli affari legati allo stadio.
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E tra questi, uno dei più redditizi e dei più facili da raggiungere grazie agli agganci con gli uffici contabilità e con gli steward ai tornelli di Inter e Milan, è quello legato a biglietti e tessere farlocche. Un affare che consente, da una parte, di fare entrare allo stadio sotto falso nome chi non potrebbe farlo (come i soggetti sottoposti a daspo) o chi non desidera essere identificato, e dall’altra rappresentano moneta sonante, rivenduta a prezzi esorbitanti e con ricarichi, come nel caso della finale di Champions di Istanbul del 2023, anche del 1000%. Soldi facili da mettere in cassa.
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Che lo smercio sottobanco di tessere e biglietti abbia un peso importante sugli affari dello stadio è Beretta a metterlo in chiaro con Bellocco già al loro primo appuntamento. Dalle previsioni fatte dal nuovo capo del direttivo della curva nord interista infatti mancano almeno un centinaio di tessere “false” da rivendere a peso d’oro: «Le tessere, le tessere - dice intercettato Beretta all’esponente del clan sbarcato a Milano - le avevo fatte io! Ma sono rimaste cento tessere, noi a quest’ora dovevamo avere 250 di tessere. E ne sono rimaste cento, quelle che ho fatto io capisci?» Il problema viene fuori dal fatto che Beretta non ha disposizione documenti “puliti” a cui associare i titoli: «Mi servono documenti – si lamenta - tipo fotocopie, per fare le tessere, documenti di persone». Un problema che non sembra di facile soluzione ma che non scompone minimamente Bellocco, la cui unica preoccupazione è quella di specificare il tipo di documento: «Che ti serve - ribatte intercettato il calabrese - Carta d’identità e codice fiscale o passaporto? Me la vedo io! Mo che salgo te le porto, può essere pure che te ne porto cento. Stranieri pure no? Meglio ancora»!