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20091101 - ROMA - CRO : CARCERI: SUICIDIO BLEFARI, IMPICCATA IERI SERA CON LENZUOLA. Un interno del carcere di Rebibbia, a Roma, in un'immagine d'archivio. La neo brigatista Diana Blefari Melazzi, condannata all'ergastolo per l'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, si e' impiccata ieri sera, attorno alle 22:30, utilizzando lenzuola tagliate e annodate. La donna - secondo quanto si e' appreso - era in cella da sola, detenuta nel reparto isolamento del carcere Rebibbia femminile. Ad accorgersi quasi subito dell'accaduto sono stati gli agenti di polizia penitenziaria che - si e' inoltre appreso - avrebbero sciolto con difficolta' i nodi delle lenzuola con cui la neo brigatista si e' impiccata in cella e avrebbero provato a rianimarla senza pero' riuscirvi. ANSA / ALESSANDRO DI MEO / ARCHIVIO / PAL
«Quanto sta accadendo dentro gli istituti di pena necessita un rapido intervento del legislatore e della politica. Le condizioni disastrose delle infrastrutture di detenzione sono un simbolo di degrado per un Paese civile e per chi ci lavora o sconta i suoi debiti con la società».
Lo afferma in una dichiarazione il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Alessandro Nicolò. «L’emergenza carceri non è questione che riguardi soltanto il sovraffollamento, ma anche il continuo insorgere di patologie ad alto rischio fisico, infettivo e psicologico. Certamente gli spazi ristretti promuovono le condizioni per un veloce propagarsi delle malattie infettive, come la tubercolosi, come si riscontra da nota pubblicata su testate giornalistiche, diagnosticata a due detenuti presso le carceri San Pietro di Reggio Calabria. Governo, Parlamento ed istituzioni locali devono agire all’unisono per avviare una seria politica di investimenti e di risanamento del ‘sistema carcere’, che ancora oggi risente influenze post- borboniche che non trovano più rispondenza, per vetustà, sistemi di sorveglianza e programma di rieducazione, alle questioni che oggi la nostra società pone.
Lo sforzo dagli operatori carcerari per umanizzare il carcere – dice Alessandro Nicolò – è appena sufficiente a lenire casi limite o emergenze, mentre si fa sempre più insopportabile una condizione di vita di per se durissima già per la sanzione afflittiva. Sindacati della polizia penitenziaria, comitati di garanzia dei detenuti, la Chiesa e gli operatori sanitari e sociali, che svolgono il loro lavoro dentro le mura del carcere, parlano ormai la stessa lingua e chiamano in causa la politica affinchè, senza perdonismi o colpevolismi, si affronti con la dovuta energia un programma di interventi per garantire decoro umano a quanti, si trovano dentro gli istituti di pena.
Situazione peraltro aggravata dalla costante crescita - ricorda Alessandro Nicolò – della multietnicità degli arrestati o dei condannati che gravano direttamente sul nostro sistema penitenziario, che fa insorgere seri problemi di convivenza per insufficiente comunicazione linguistica, culture e religioni diverse. Da qui – continua Nicolò – l’inevitabile lievitare dei conflitti, degli atti di violenza e di autolesionismo, che solo grazie alla sensibilità ed all’impegno quotidiano del personale di polizia penitenziaria, degli operatori sociali e dei magistrati di sorveglianza, si riesce a contenere con gravissimo pericolo per chi deve esercitare i dovuti controlli.
Insieme, dunque, alle necessarie ristrutturazioni o rifacimenti delle case penali – afferma Alessandro Nicolò – si rende opportuno che il Governo, le Regioni e l’amministrazione penitenziaria, diano corso ad un controllo a largo spettro, sullo stato di salute psicofisica delle persone detenute affinchè si abbia un dato certo delle loro condizioni, evitando così pericolose forme di veicolazione di malattie infettive e di manifestazioni di autolesionismo, il cui propagarsi è assolutamente inconciliabile con ogni sorta di trattamento umano e civile di chi paga già un prezzo altissimo come la restrizione della libertà e l’allontanamento, per anni, dal proprio nucleo famigliare. Il Consiglio regionale discuterà della legge per l’istituzione del Garante dei detenuti, un’occasione per le forze politiche regionali per rendere chiaro il proprio orientamento ed il proprio impegno verso quella parte dell’umanità spesso dimenticata come fosse un vecchio arnese abbandonato in una soffitta».