Al centro della denuncia il direttore della struttura e il comandante della polizia penitenziaria: «Pronti a iniziare uno sciopero della fame»
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È una denuncia pubblica quella che i 31 detenuti dell’alta sicurezza del carcere di Palmi rivolgono al direttore della struttura e al comandante della polizia penitenziaria. Una denuncia che si articola in un ampio preambolo e in 12 punti, nei quali viene sviscerato l’atto di accusa nei confronti dei vertici del carcere. Lo scritto è stato inviato al giudice del tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria Daniela Tortorella, per tramite dell’avvocato Giovanna Ariniti «per portare a conoscenza… un malessere sempre più diffuso, causato da un approccio assolutamente colpevolista, autoritario e di totale chiusura al dialogo, che la nuova direzione (direttore e comandante) sta portando avanti nei nostri confronti». I detenuti sostengono che se entro 30 giorni non saranno ricevuti in «un incontro collettivo» inizieranno uno sciopero della fame.
«Rivendichiamo il diritto – scrivono i 31 detenuti dell’alta sicurezza – di essere trattati come esseri umani, rifiutando per il solo fatto di essere detenuti, di venire considerati come la peggiore feccia esistente sulla faccia della terra».
Lo scritto mette in evidenza la presunta differenza di trattamento tra il precedente direttore e l’attuale. La Costituzione e il regolamento penitenziario «impongono un trattamento rieducativo che tende al reinserimento sociale dei detenuti. Noi riteniamo – attaccano i firmatari del documento - che questa dirigenza stia attuando un sistema contrario a questi principi, dove è preminente il principio di sottomissione e umiliazione della persona. Con ciò non intendiamo offendere nessuno, ma semplicemente evidenziare che stiamo vivendo una realtà in cui anche esprimere una perplessità, può essere causa di un rapporto disciplinare, che puntualmente viene sanzionato con il massimo possibile (15 giorni di isolamento). Un sistema che modifica le regole senza farci sapere nulla… un sistema che riconosce solo la punizione disciplinare e che non dà spazio neanche in sede di consiglio disciplinare di esporre le proprie ragioni, portando il detenuto ad allontanarsi dal percorso rieducativo».
La lunga disamina articolata in 12 punti raffronta quanto era permesso sotto la precedente direzione e che ora con la nuova gli sarebbe negato: «Tanti detenuti che per anni hanno tenuto un comportamento esemplare, ora si trovano puniti con sanzioni disciplinari perché, per esempio, sono stati trovati in possesso di una penna Pilot, che la direzione precedente gli aveva permesso di acquistare».
Nei punti messi in evidenza ci sono l’impossibilità di detenere semplici farmaci da bancone per curare, per esempio, gli stati influenzali, la diminuzione dei tempi per potere usare l’acqua calda, le pessime condizioni dei locali che ospitano lo studio dentistico e l’impossibilità di potersi curare.