VIDEO | Il nigeriano era al servizio di Filippo Raso, imprenditore vicino al clan Piromalli. Sfruttavano il lavoro indifferenti alle tensioni intorno alla struttura poi fatta smantellare da Salvini
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Sono Filippo Raso e un migrante africano conosciuto con il nome “Rasta” le figure chiave dello sfruttamento di manodopera straniera scoperto con l’operazione Rasoterra. È quanto emerso nella conferenza stampa tenuta nella questura di Reggio Calabria, in cui è stato il questore Bruno Megale a tratteggiare il profilo delle persone coinvolte. «Raso ha precedenti specifici – ha detto – e risulta avere rapporti anche con la cosca Piromalli Molè». La sua azienda, intestata alla figlia – anche lei indagata – è stata sequestrata, perché in quel terreno arrivavano i lavoratori sfruttati.
«Il procacciatore era africano – ha spiegato il capo della squadra mobile Francesco Rattà – e abbiamo scoperto le paghe da fame, 25 euro al giorno, garantite da una organizzazione che approfittava dello stato di bisogno dei lavoratori». Il fulcro del caporalato era la baraccopoli di San Ferdinando poi smantellata, e i nove arrestati si dimostrarono indifferenti alle tensioni sociali dei giorni che precedettero – nel 2019 - l’operazione anche spettacolare decisa dallo Stato per radere al suolo gli alloggi fatiscenti e sgomberare l’area.
Il vice questore Luca Carlà ha definito «dirimenti le intercettazioni captate, con i partecipi dell’organizzazione che quotidianamente stabilivano le esigenze lavorative e il numero di braccianti da impiegare». Nel corso del blitz è stato possibile rinvenire anche una pistola illegalmente detenuta e alcune partite di sostanze stupefacenti. «Per questi reati – ha concluso Diego Trotta, dirigente del commissariato di Gioia Tauro – si procede separatamente».