INTERVISTA | All’indomani del rinvio a giudizio disposto dal gup di Catanzaro, il sindaco di Acquaro si proclama innocente e contesta l’attendibilità delle dichiarazioni dell’ex dg Furgiuele, l’altro imputato nel processo-stralcio che inizierà a marzo
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Giuseppe Barilaro
Con il nuovo anno, a marzo, avrà inizio il processo-stralcio dell’inchiesta su Calabria Verde nei confronti di due soli imputati. Rinviati a giudizio Paolo Furgiuele, l’ex manager della società in house della Regione Calabria, e il sindaco di Acquaro Giuseppe Barilaro, che ai nostri microfoni dichiara di sentirsi amareggiato all’indomani delle decisioni del Gup di Catanzaro. Non comprende come le accuse nei suoi confronti non siano cadute assieme all’ipotesi di abuso d’ufficio che la procura aveva formulato nei confronti del governatore Oliverio, dell’ex assessore regionale Trematerra, della dirigente di Calabria Verde Arlia (tutti prosciolti) e del presidente della provincia di Cosenza Iacucci (assolto in abbreviato).
«Io vengo accusato di aver messo in essere una condotta istigatoria nei confronti dei soggetti che sono stati prosciolti proprio perché non hanno agito o interagito nei confronti della dirigenza per determinare il mio trasferimento in posizione di comando presso l’azienda Calabria Verde. Rimango stupito e amareggiato (di essere stato rinviato a giudizio) ma sono convinto che bisogna dimostrare con forza la verità».
Barilaro è determinato a difendersi punto su punto in sede processuale e intanto considera le dichiarazioni dell’imputato Furgiuele, dalle quali è partita l’inchiesta, non credibili, dettate dallo stato d’animo in regime carcerario dell’ex dg, come avrebbe dichiarato lui stesso in una lettera pubblicata dal quotidiano del sud nella quale si legge «si è disponibili a fare qualunque cosa pur di riacquistare la libertà».