«Un uomo delle istituzioni (Scajola, ndr) sa bene cosa significa favorire un soggetto condannato per un reato molto grave (Matacena, ndr). Perché lo ha fatto e che cosa ha fatto? Qui siamo ben oltre l’umana solidarietà nei confronti di un latitante a cui è stato dato un contributo importante. Ed il latitante ne è perfettamente consapevole e se ne vuole avvalere». Inizia così la requisitoria del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo nel processo “Breakfast”, in corso in questi minuti all’aula bunker di Reggio Calabria e che vede imputato l’ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola, accusato di procurata inosservanza di pena nei confronti dell’ex parlamentare Amedeo Matacena. Sul banco degli imputati anche la moglie di Matacena, Chiara Rizzo. 

Lombardo ha appena annunciato che la sua requisitoria si articolerà su più udienze, proprio in considerazione della complessità dei temi che andrà ad affrontare. 

L’uomo delle istituzioni e l’aiuto a Matacena

E Lombardo parte proprio dalla posizione di Scajola per affermare che un uomo delle istituzioni come lui, non può non sapere cosa significhi aiutare Matacena. Ed allora gli interrogativi sono due: «Perché lo ha fatto? Cosa ha fatto?». Il processo, prosegue Lombardo, «trova la sua genesi in altre attività d’indagine che hanno a che fare con tale Bruno Mafrici. Si è lavorato sulla sua figura, già nota per essere inserita in un circuito sul quale la Procura ha lavorato per molti anni rendendo in parte noto il contenuto di quel lavoro con perquisizioni eseguite nel 2012.

 

Contrariamente a quello che si è cercato di far credere in questo processo, i rapporti fra Amedeo Matacena e Bruno Mafrici sono legati alla perdurante attività finanziaria di Matacena. Parlavano di affari, attività finanziarie da compiere. Mafrici si è attivato per ottenere fondi a favore di Matacena. Emerge un reticolo relazionale di grande rilievo investigativo e oggi processuale che consente di ricostruire l’operatività permanente di Matacena in determinati ambiti, anche connessi al principato di Monaco. Vengono individuate schede telefoniche anche francesi attive.  Si risale così alle figure di Martino, Fiordelisi, la madre di Matacena, i fratelli Fanfani ed altri interlocutori». 

I rapporti Matacena-Rizzo-Scajola

L’attenzione del procuratore si concentra sui rapporti fra i coniugi Matacena-Rizzo e Claudio Scajola. «Quali sono questi rapporti?», si domanda il pm. La risposta, a suo avviso, sta nei contatti che vengono registrati dagli apparati telefonici. Una di queste conversazioni è quella che permette di comprendere «quale fosse la volontà di Matacena e dietro gli spostamenti quale tipo di programma si celava». Il procuratore rimarca come l’ex parlamentare abbia deciso di spostarsi in un luogo che gli consentiva di non essere estradato. E dunque Dubai e successivamente, nell’idea iniziale, il Libano. Ma, «quando Amedeo Matacena arriva a Dubai succede qualcosa che nessuno previsto. Lui aveva un programma che era del tutto indipendente da Dubai. Aveva programmato un’entrata ed un’uscita da Dubai. E questo ce lo dice, nelle intercettazioni, Chiara Rizzo, la quale ritiene di fare una serie di cose indispensabili a risolvere un problema che non era stato previsto». Insomma, per il pubblico ministero, «tutti i protagonisti dell’opera di protezione di Amedeo Matacena lo fanno secondo uno schema predefinito e con dei ruoli precisi».


Che rapporto c’è, dunque, fra i coniugi Matacena e Scajola? «Il loro rapporto va oltre la semplice amicizia», rimarca il pubblico ministero. Ecco allora che «il contributo causale fornito da Scajola, in relazione alla latitanza di Amedeo Matacena è un contributo causale che deve iscriversi in un periodo temporale anche antecedente all’incidente di Dubai. E questo non è un dato qualsiasi. Ci consente di attribuire al rapporto assolutamente lecito fra i coniugi Matacena e Scajola ad un’epoca anteriore e ci consente di dire che non era un rapporto di mera frequentazione ma molto stretto, perché solo in presenza di un rapporto del genere, verosimilmente legato a questioni ulteriori rispetto alla semplice amicizia, può iscriversi un comportamento come quello emerso dal processo». Il procuratore non ha dubbi: «Claudio Scajola ha fornito un aiuto al latitante Matacena, nonostante fosse consapevole che quel comportamento fosse penalmente rilevante. Ed in ciò la pedina chiave è stata Vincenzo Speziali». Anche perché «un latitante per mafia e un latitante in generale non si aiuta».

 

«Accuse assurde, in cuor suo nemmeno Lombardo ci crede»

Dal canto suo, l'ex ministro, a margine dell'udienza, ha definito assurde le accuse per le quali è imputato: «Non vorrei apparire arrogante, ma credo che in cuor suo nemmeno il dottor Lombardo possa credere all'assurdità dell'impianto accusatorio, confuso e pasticciato. In tutti questi anni, lunghi e dolorosi sono state messe in piedi contro di me ipotesi che non tengono minimamente in conto quanto é emerso dal dibattimento, che ha più volte contraddetto le convinzioni dell'accusa».