Torna all'attenzione della magistratura lo storico clan dei Gaglianesi, già colpito in passato da inchieste giudiziarie. Secondo quanto riferito questa mattina nella conferenza stampa relativa all’operazione denominata “Clean money”, l'articolazione legata ai clan crotonesi si stava rigenerando. Le prime tracce sarebbero emerse durante una operazione della Dda che aveva riguardano le associazioni del Crotonese. I principali interessi della cosca sarebbero state estorsioni, usura, truffe e in genere reati contro il patrimonio. Gli imprenditori locali sarebbero stati vessati attraverso l'imposizione del pagamento di somme di denaro o di ditte di fiducia.

Il procuratore capo di Catanzaro Salvatore Curcio ha parlato di una «associazione di tipo mafioso stanziale su Catanzaro con ramificazioni nel territorio nazionale». Il clan dei Gaglianesi, ha ricordato, era già stato oggetto di investigazione tra il 1992 e il 1993, anche in quel caso con l’esecuzione di provvedimenti cautelari e successivo processo per oltre 40 persone.

Le misure emesse oggi, ha spiegato in conferenza, riguardano 22 persone gravemente indiziate di associazione di tipo mafioso, di cui 12 con custodia cautelare in carcere e 10 ai domiciliari con braccialetto elettronico

«Oggi – ha sottolineato il procuratore – è stato raggiunto il culmine dell’attività investigativa su un’associazione già scompaginata tempo fa che si è di nuovo riproposta con un’attività criminale evidente. Questo è il segno di come l’azione dello Stato non sia mai risolutiva della problematica. Oggi la comunità di Catanzaro fa i conti con qualcosa che era stato già messo in luce 32 anni fa». Curcio ha dunque rinnovato l’invito ai cittadini «a un impegno ancora maggiore perché affrontino queste tematiche che li riguardano da vicino», evidenziando che «la lotta alle mafie non è appannaggio di magistratura e forze dell’ordine ma deve interessare l’intera società civile».

A prendere la parola poi il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, che ha prima di tutto ringraziato i carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro, grazie alla cui «intensa attività di investigazione» si è arrivati ai provvedimenti odierni. «A loro un ringraziamento per l’azione incessante e preziosissima nel corso degli anni», ha dichiarato.

Capomolla si è poi soffermato sull’aspetto della «rigenerazione» dell’associazione sul territorio nonostante fosse già stata colpita negli anni passati. Rigenerazione, ha detto, che si è incominciata a vedere «in una fase in cui si determinavano gli equilibri sul territorio di Catanzaro tra le articolazioni della ‘ndrangheta che ricadevano sotto l’influenza delle cosche del Crotonese, in particolare quelle di Isola Capo Rizzuto e Cutro».

«Nell’alternanza degli equilibri tra le due – ha affermato il procuratore aggiunto – anche su Catanzaro si determinavano equilibri consequenziali. In passato e in particolare nel 2005 siamo intervenuti su un’organizzazione criminale che operava sotto l’egida della locale di Cutro. Da quel momento si sono rivelati i segnali della rigenerazione operativa e della riacquisizione dell’egemonia sul territorio di Catanzaro di questa cosca riconducibile a quello già noto in passato come clan dei Gaglianesi».

L’operatività del gruppo, ha spiegato Capomolla, si esplicava «secondo dinamiche tradizionali, quindi una presenza sul territorio intensa e di carattere predatorio con i reati classici delle estorsioni e in particolare dell’usura. Ed è evidente che un’organizzazione di questo genere si può rigenerare soltanto se sul territorio ritrova quell’humus per cui alcune condotte possono essere poste in essere in un clima di soggezione e omertà».

Di qui, anche da parte sua, l’invito alla reazione da parte della società civile. «L’intervento repressivo è essenziale e sarà costante, ma queste collusioni sul territorio sono un elemento che allarma e inquieta» perché in questo modo, ha evidenziato, queste organizzazioni «troveranno sempre occasioni di rigenerazione».

Oltre alle estorsioni, ha rimarcato il procuratore aggiunto, a essere contestati sono «reati satellite all’attività criminale quali l’intestazione fittizia come strumento per la realizzazione di altri tipi d condotte illecite e la contaminazione del tessuto economico».

Il ruolo degli imprenditori

Se da un lato vi erano imprenditori vessati, dall'altro ve ne erano anche che ricercavano l'intervento della cosca. È quanto ha poi riferito in conferenza stampa il procuratore Vincenzo Capomolla facendo riferimento a rapporti «opachi». Imprenditori «che si sono avvalsi della mediazione violenta dell'organizzazione criminale per risolvere problemi legati alle loro attività economiche. Questo è un profilo che desta particolare inquietudine, poiché si creano le condizioni di rafforzamento della capacità criminale dell'organizzazione, del prestigio e del credito che nel tessuto economico fragile queste articolazioni possono riacquistare».