Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Nessun falso e nessun omicidio colposo. Sono cadute le accuse a carico dei 4 camici bianchi imputati per la morte della piccola Beatrice, nata morta all'ospedale pugliese- Ciaccio di Catanzaro soffocata dal quel liquido amniotico che per mesi l'aveva protetta e nutrita. Il gup del Tribunale di Catanzaro Abigail Mellace ha assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste, i medici Maria Talarico, Ines Pileggi, lo specializzando Enrico De Trana e l'ostetrica Irene Mancini, giudicati con rito abbreviato. Il giudice per le udienze preliminari ha accolto la richiesta di assoluzione dei legali difensori Enzo Ioppoli e Wanda Bitonte e del pm Prontera anche se con una formulazione diversa. Il pubblico minisero aveva chiesto l'assoluzione per insufficienza di prove, lo stesso pm che in sede di udienza preliminare, prima che gli imputati optassero per il rito alternativo aveva invocato il rinvio a giudizio per tutti per un approfondimento dibattimentale. Straziante il commento della madre che ha seguito l'udienza, raggiunta telefonicamente da Lac: 'Devo pensare che allora mia figlia non è morta, che le perizie che dicevano che la morte della mia bambina poteva essere evitata con un parto cesareo non erano vere' Il gup aveva convocato i professori Bresadola e Maurizio Saliva specialista in medicina legale a Napoli, che avevano fornito due diversi esiti peritali, dando ragione alla fine alle conclusioni di Saliva che aveva rilevato la presenza di un trombo nel cordone ombellicale. «Un episodio asfittico acuto » sarebbe la causa del decesso della neonata, lasciando intendere che si sia trattata di una morte dovuta a cause naturali. Un'altra perizia, quella di Bresadola arrivava a conclusioni opposte: 'la piccola sarebbe ancora viva, se solo i sanitari non avessero sospeso ogni forma di controllo sul benessere fetale durante tutto il periodo espulsivo'. Una diversa condotta medica realizzata mediante «l'attenta valutazione dei tracciati cardiotocografici, l'esecuzione di un monitoraggio continuo in sala parto, il tempestivo intervento mediante parto cesareo, avrebbe prevenuto la grave asfissia intrapartum che ha condotto alla morte di un feto sano', di quella piccola, che sul letto dell'obitorio indossava una tutina in ciniglia di colore bianco, un braccialetto identificativo al polso sinistro, un body in cotone bianco e rosa, un paio di calzini di colore bianco e una camicia smanicata di seta rossa. Così come le note integrative del consulente nominato dalla Procura Pietro Antonio Ricci, ordinario di medicina legale all'università Magna Grecia di Catanzaro e la perizia del compianto professore Ancheschi, andavano nella stessa direzione: 'i sanitari non avrebbero effettuato un attento monitoraggio con la registrazione meticolosa del battito cardiaco fetale attraverso i tracciati e non avrebbero proceduto tempestivamente al parto cesareo'. Si chiuse quindi un procedimento che si è svolto per due anni nelle forme previste dall'incidente probatorio. Una storia drammatica che ebbe inizio il 5 dicembre 2011 con il ricovero della donna, poi sottoposta a un parto pilotato, e che si concluse sei giorni dopo, quando la signora diede alla luce la bambina oramai deceduta. Secondo quanto denunciato dalla coppia 35enne, la puerpera, sino a poche ore prima del parto, non avrebbe lamentato alcun problema, e proprio questo ha indotto i due genitori di Cropani (costituitisi parte offesa con gli avvocati Domenico Pasceri, Ernesto D'Ippolito e Giuseppe Mazza) a presentare una denuncia chiedendo che si verificasse su eventuali negligenze, omissioni, imperizie di tipo medico - sanitarie. Da qui l'apertura di un'inchiesta e l'immediato sequestro della documentazione sanitaria relativa al parto e l'iscrizione nel registro degli indagati dei camici bianchi con le accuse di falso per presunta alterazione della cartella clinica e omicidio colposo. Accuse che oggi sono crollate di fronte ad un verdetto assolutorio con formula piena.
Gabriella Passariello